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TUTTO CIÒ CHE STO PER DIRVI È FALSO
08-12-2014: Con Tiziana di Masi

Signore e signori, Tutto ciò che sto per dirvi è falso. Benvenuti. Un tempo eravamo autentici. Le nostre relazioni erano fatte di gite fuori porta, pic- nic con gli amici e solidarietà tra  vicini. Oggi, invece, ci perdiamo volentieri nell’anonimo dedalo di corridoi dei centri commerciali nell’illusione di poter comprare ogni cosa a poco prezzo, per poi vantarci del nostro bell’affare con interminabili ed inutili telefonate a parenti ed amici. E così, risucchiati dal vortice del consumismo, non riusciamo più a comprendere ciò  che è bene e ciò che è male, ciò che è autentico e ciò che non lo è, ciò che è vero e ciò che è falso. Pensate che, negli anni Novanta, negli Stati Uniti, un bimbo di pochi mesi, giocando sul divano insieme alla mamma, finì in ospedale per una forte irritazione cutanea al volto. In seguito, accurate indagini, rivelarono una sconcertante verità: i divani vecchi di un anno, trattati con sostanze tossiche, venivano rivenduti come prodotti di alta qualità per una nota catena di negozi statunitense. Nello stesso periodo, in un paio di scarpe prodotte in Cina, e rivendute in Italia, vennero ritrovate tracce di cromo esavalente  ben oltre il limite consentito dalla legge. Indovinate un po’ quanto costavano quelle scarpe? Soltanto tre euro! Qual è allora il primo criterio per scegliere calzature confortevoli? Bisogna annusarle. Bisogna lasciarsi avvolgere e  penetrare dall’odore di pelle, di cuoio e di nuovo. Non basta assicurarsi che il nostro piede stia comodo al loro interno, oppure acquistarle in un mega store dove si possono trovare articoli d’ogni foggia e misura. Nell’ambito aeronautico le cose vanno meglio o, almeno così sembra. Eh sì, dico sembra, perché, nonostante le compagnie aeree spezzino quotidianamente una lancia a favore della sicurezza dei loro velivoli, non passa giorno in cui, soprattutto dopo quel disastroso incidente avvenuto a Parigi nell’anno 2000, i viaggiatori non preghino tutti i santi del cielo affinché proteggano loro, l’equipaggio e, la carlinga dell’aereo. Era  un caldo pomeriggio di luglio. Il Concorde, l’ultima creatura dell’Air France, era in partenza  dall’aeroporto Charles de Gaulle con cento persone a bordo inclusi tre piloti e sei assistenti di volo.  Destinazione: New York. Pochi secondi. Pochi fatali secondi e l’ aereo più veloce della storia si schiantò, con un sordo boato, contro un hotel. Morirono tutti. La causa dell’incidente era tutta lì, in quel pezzo di ricambio non autorizzato perduto da un aeromobile di una compagnia americana, la Continental Airlines, che, pochi minuti dopo il decollo, provocò l’immediato incendio del motore. Ma, senza dubbio i sovrani del falso sono loro, i dischi dei freni delle automobili. Basta sterzare o frenare di colpo e, in un attimo, si rischia di far male a noi stessi e a chi ci sta vicino. Nel settore alimentare, poi, una formidabile alleata della falsificazione è lei, la chimica. Dovete sapere che, da molti anni, l’Italia, paese esportatore d’olio per eccellenza, è diventato anche importatore. Perché? È molto semplice: le grandi multinazionali trasformano gli oli utilizzati per la lubrificazione delle macchine in oli commestibili eliminando la puzza e l’acidità con il magico tocco chimico. Il cancro della del falso dilania anche l’abbigliamento. Agosto 2006. Sesto fiorentino. Da quell’enorme stanzone in un capannone di periferia proviene un tanfo indescrivibile. Un merluzzo appena pescato sta lì, appeso, mangiato dalle mosche. Vivono appiccicati come sardine. Uomini, donne, bambini. Sono tutti cinesi. Sopra ci sono i dormitori, sotto le macchine da cucire  e le borse Louis Vuitton pronte per essere messe sul mercato. Fuori un furgone venuto da chissà dove per ritirare il carico. Da lontano si sentono alcuni passi. La guardia di finanza è giunta di corsa per effettuare alcuni controlli  Ed ecco che, come per incanto, sulle borse appare un etichetta con una maldestra imitazione del marchio ed il falso acquista il gusto amaro della contraffazione. E tutto questo accade mentre a pochi chilometri di distanza a Santa Croce sull’Arno, il presidente cinese è a colloquio con i rappresentanti del governo italiano e afferma con convinzione l’assoluta necessità di  incrementare le relazioni commerciali con il nostro paese. E poi c’è Fatì, Viene dalla Libia. Voleva fare il falegname. Ha speso tutti i soldi che aveva guadagnato con la fatica del suo lavoro per approdare sulle coste italiane con la speranza di un futuro migliore. E invece  si ritrova sulle nostre spiagge a vendere articoli contraffatti. È lui l’ultimo anello di quella lunga ed opprimente catena, che sa di marcio, che sa di camorra ed opera indisturbata alle pendici del Vesuvio lontano dai centri abitati senza clamore, né rumore, né pistole né sangue. E noi, che cosa possiamo fare per smettere di alimentare questo circolo vizioso? Dobbiamo leggere, leggere, e ancora leggere qualsiasi etichetta descriva i prodotti che mangiamo ed acquistiamo. E poi chiedere, chiedere e ancora chiedere a costo di risultare inopportuni. E il nostro quesito deve essere sempre questo: Da dove viene questo prodotto? Venerdì 5 dicembre 2014, alle ore 21.00, l’approfondito lavoro di inchiesta giornalistica di Andrea di Guolo e l’efficace incisività di Tiziana Di Masi, accompagnano la platea del Teatro Russolo  nell’intricata foresta del falso e della contraffazione che ormai copre tutti i settori dell’economia mondiale governata dalle spietate leggi delle vittime e dei carnefici dove le prime si aiutano e i secondi si combattono. Gli spettatori assaggiano, indossano, ridono, apprendono, riflettono, si indignano. Ed infine, prima di salutare il pubblico l’attrice, che dal 2000 è impegnata attivamente sul fronte del teatro civile, getta via, con rabbia, tutti gli oggetti presenti in scena mentre, alle sue spalle, una targhetta contraffatta con la scritta  “MADE IN ITALY”, brucia tra le alte fiamme delle domande dei consumatori consapevoli.

Per saperne di più consultate il sito: www.tizianadimasi.it .

Elena Toffoletto

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