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Annotazioni
Osservazioni in libertà di un cronista su un’adunata “fascista”
06-03-2012

Nella mia attività di informatore e di amministratore, ho cercato sempre una condotta dignitosa: cioè giudicare le persone non dalle tessere bensì dal comportamento. Spero di esserci riuscito.
Ritengo doveroso, per una volontà di chiarezza e di completezza tornare con un commento all’adunata “fascista”, svoltasi la mattina di sabato 8 ottobre 2011 nella sede municipale di Portogruaro. Sembrava rivolta soltanto al ricordo dei 267 portogruaresi morti durante la prima guerra mondiale, morti che molto probabilmente non volevano la guerra dannunziana e marinettiana decisa da due- tre big di Roma e che hanno fatto parte delle centinaia di migliaia di “oggetti” carne da cannone usata da Cadorna per territori che l’Austria ci avrebbe dato senza un colpo di fucile. Che poi l’Anastatica, con la tecnica staliniana, abbia annoverato pure Benito tra i condottieri della ’15 – ’18, lo consideriamo una piccola svista dei fascisti di ieri per una persona ancora tanto amata e da alcuni “adorata”.

A proposito dei morti di Cadorna: ricordiamo anche quelli della Seconda Guerra Mondiale, militari e civili. Hanno forse il difetto di essere caduti in una strage immane, quando era condottiero, questa volta sì, Benito Mussolini? Chissà perché l’Asso-Arma di Portogruaro non apre una sottoscrizione, non lancia un appello, anche per un monumento ai Caduti italiani nella Seconda Guerra mondiale? Sono troppi?

Purtroppo questi non si potrebbero commemorare senza ricordare le nefandezze del Ventennio Fascista, di gran lunga peggiore dell’attuale ventennio del “Ghe pensi mi”, anche se per correttezza intellettuale, bene o male, Benito godeva in Patria e all’Estero di una fama tutt’altro che ignominiosa, rispetto all’abitante di Arcore.

Ma veniamo al raduno “fascista” di sabato 8 ottobre: innanzitutto i nostalgici non dovrebbero assolutamente vergognarsi di esserlo. Sono nostalgici e basta, senza alcuna colpa. Il sommo mons. Ludovico Giacomuzzi, mio grande amico ed educatore, per sua legittima scelta fu fascista di grosso peso durante il ventennio e àncora di salvataggio per camice nere e partigiani; il mio amico Furio Cominotto era fascista con comportamenti che – nei limiti concessi dal momento – si basavano sul buon senso e l’ umanità: salvava indistintamente comunisti e fascisti. L’on. Giovanni Forner, colto e signorile, prima di essere camerata era un uomo che credeva nell’amicizia senza barriere di tessere; simpatico, intelligente e generoso pure Mario Meneghini . Loro probabilmente (almeno io lo credo) erano convinti che il fascismo era finito e bisognava voltare pagina.

E allora l’Asso-Arma assimili la grande tradizione innata dei veneti, per i rapporti di tolleranza e di amicizia. A molti è parso che l’idea dell’anastatica sia stata un alibi per informare i portogruaresi che il “fascismo” pur con altre connotazioni , è ancora vivo. Non era necessario: tanti vecchi e inveterati fascisti sono al potere da tempo con il “Ghe pensi mì”. Benissimo, ci stiano finché è possibile.
 Anche quelli della Resistenza, forse in maniera più riservata, si concelebrano ricordando i loro fasti, dimenticando i nefasti.

Io so che fino al 2005, anno in cui in un centro del Portogruarese morì il “Ten”, di Pranaggiore, il più famoso partigiano della Resistenza del Veneto Orientale, ogni anno veniva festeggiato da un gruppo di compagni, ma lo facevano con garbo, in un locale privato, dove senza turbare nessuno, potevano ricordare le gesta del “Ten”, qualcuna anche poco eroica e cantare a squarciagola “bandiera rossa”. E il 25 aprile? E’ una bella festa nazionale che ha segnato una data storica per gli italiani, tutti.

Celebrazioni: il Ten, descritto “forte, intelligente, coraggioso ed energico” quando era braccato dalle SS e dalle Camicie nere, aveva combattuto e ucciso, per non essere ucciso. La “legge” della guerra civile. Imperdonabile però che nel ’46 abbia freddato due Carabinieri che lo cercavano per una rapina. A Portogruaro il Ten era il comandante della Gladio Rossa. Il “Ten” fu condannato a 21 anni di galera per “duplice omicidio e rapina” e dopo vicissitudini alterne all’estero dove era fuggito, tornò a casa e scontò la pena. E così – a mio avviso – dovrebbero fare i fascisti di una volta, ora nostalgici. I soldi spero li abbiate, affittate una grande sala in un ristorante e lì cantate “Giovinezza”.

Diciamo subito che i nostalgici in Municipio hanno fatto bene a criticare duramente la prof.ssa Anna Maria Foschi, assessore comunale alla Cultura, che – dopo aver cortesemente portato il saluto ai presenti dell’intera amministrazione – ha ricordato alcune date e alcuni fatti. Storici, veri, incontestabili. Ma questo ha dato fastidio ai fascisti che intendevano che il raduno fosse solo una esaltazione della loro “giovinezza fascista” e dei martiri del ’43-’44-’45. E quelli dell’altra parte? La Foschi ha disturbato la loro cerimonia e la celebrazione di una unità d’Italia segnata – ha detto un giornalista – dai sette colli fatali di Roma. Al posto della Foschi io avrei aggiunto anche le leggi anti ebraiche di Benito, che da sole basterebbero a esecrare un periodo e una dittatura. La Foschi ha avuto purtroppo il difetto di disturbare una rievocazione che più che per i caduti con i nomi incisi sul Monumento, era per i “ martiri” fascisti nella guerra civile: io ho pietà e rispetto anche per quei morti ma attenzione; primo: c’era una guerra civile dove tutti erano contro tutti e tutti a destra e a sinistra ne hanno fatto di tutti i colori. Secondo: i fascisti combattevano ( in buona fede) per difendere una ideologia che ha distrutto italiani e Italia, gli altri per un desiderio di libertà e giustizia. Con i fascisti e tanti altri sono d’accordo che purtroppo questi ideali di libertà e giustizia non sono stati completamente realizzati – anzi assai poco –, ma questa è un’atra storia. Si vuole una riappacificazione tra tutti? Già esiste di fatto, a parte qualche frangia fuori dalla storia. Pensiamo invece al vero problema, al fatto che pochi da troppo tempo continuano a sopraffare i poveri, la stragrande maggioranza. La statua del badilante che tutti possono vedere davanti al Municipio di Concordia spiega, in termini comprensibili, la situazione alla gente della strada, quella che salva, con i suoi sacrifici, la Storia seria della nostra Nazione. Il badilante è l’emblema delle ingiustizie che devono essere ancora sanate, anche per una sbalorditiva mancanza di cultura e di civismo che caratterizza purtroppo gli italiani. Non occorrono dibattiti e conferenze per superare gli antichi odi e differenziazioni ideologiche: bisogna lottare tutti – pacificamente – per la giustizia che oggi in Italia non esiste; bisogna eliminare gli illeciti arricchimenti di soldi, di potere e di intoccabilità della casta e permettere a tutti di vivere, anche se modestamente, ma senza l’angoscia della povertà. Anch’io la conosco. Ringrazio il signor Edoardo Rossi, per aver ricordato ai presenti che Ugo Padovese, pur non essendo d’accordo con il ventennio di Benito (anzi grazie per le mitiche “casette nove”), in tempi non sospetti si è comportato senza “ismi” di divisione. Io aborro certe vicende del passato, non gli uomini che vi hanno partecipato, da una parte e dall’altra, spinti da motivazioni che solo il Padreterno potrà giudicare.

E accanto a “giovinezza”, “bandiera rossa”e “bianco fiore”, lasciateci cantare anche la stupenda canzone, senza colore, di “Bella ciao”, visto che dobbiamo sorbirci le nequizie – a volte – di San Remo.

Ugo Padovese


(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)

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