Come sono belle le tradizioni! Ma inevitabilmente molte sono destinate a svaporare. Altre ne sorgono, alcune invece si confermano più tenacemente di anno in anno: nuove, bizzarre e anche pericolose. A Natale c’era il primo piatto con i cappelletti e una svariata scelta di uova lesse e colorate. All’Epifania l’immancabile casera; piccola, di canne ma in ogni borgata e rione. Oggi è diventata uno spettacolo. Si è industrializzata. Sempre più alta e spettacolare come quella di Concordia in mezzo al fiume Lemene. A Pramaggiore invece hanno ottenuto il Guinnes per la Calza della Befana più lunga del mondo; idem per una torta di mele.
/Col solicello è entrato carnevale./ L’uomo è nel sacco, il sorcio al pignattino,/ corron gli asini il palio e brilla il vino./ Pare proprio che questi versi siano stati scritti da Vincenzo Cardarelli per Teglio Veneto dove il Palio dei Mussi si sta affermando di anno in anno. Una volta il primo giorno di quaresima era tradizione andare a Concordia a mangiare la “renga”; oggi è quasi scomparsa; al suo posto un festival culinario che di quaresimale non ha quasi niente. A Portogruaro all’Assunta arrivavano barche da Caorle e da Concordia fino alla Pescheria. Oggi si sono diradate.
Anche la religiosità della festa della Madonna del Rosario in Borgo San Giovanni, sta impallidendo. Quasi scomparse poi le caldarroste della Juci , fruttivendola di classe; al suo posto una grande mostra commerciale, con pecorino sardo e allegre canzoni da festival nel palco accanto al sagrato.
Ma a Portogruaro, pur senza primati da Guinnes, sono presenti da sempre e senza timori di declino, le feste della “ruspa” e della sua immancabile collega la “betoniera”. Prima della loro comparsa le stesse funzioni (le “ruspe” per demolire e le “betoniere” per cementificare) venivano svolte con strumenti più rudimentali ma sempre efficaci, anche usando le mani nude. Colpi di piccone e giù; poi calcina, sabbia, cemento spesso per costruzioni che facevano rimpiangere il passato. A Sant’Agnese, in quello che era il borgo più bello di Portogruaro, nei primi anni Ottanta smantellarono le strutture di una Filanda attiva dal 1925 al 1956 che aveva dato lavoro a donne di Portogruaro, Concordia e del Friuli, quelle della “seta fina”. La stessa fine toccò a una palazzina di stile liberty, che per alcuni anni aveva ospitato una scuola materna comunale che poi passò in strutture più idonee in via Liguria. E sul posto – naturalmente con la piena approvazione dell’Amministrazione comunale – sorse un enorme apparato, denominato quasi ironicamente “La Filanda”, per abitazioni, negozi, supermercato, sedi varie. Non sarebbe corretto dire male di questa realizzazione, che ha una sua linea. Ma il tutto avrebbe dovuto trovare posto a San Donà, a Ceggia, a Canicattì. E’ troppo sovrastante un borgo antico, con una chiesa trecentesca , un oratorio con affreschi e una Villa (Martinelli) veneziana del Settecento. Prima, dopo il Reghena, c’era uno stacco; il borgo appariva com’era di fatto, antico e bello, con un sagrato che in un angolo godeva ancora la frescura di una delle fontanelle posate in occasione dell’inaugurazione dell’acquedotto nel 1907. Il borgo è affogato, non si vede, non si sente più la sua nobiltà antica. Eppure all’Università ci sarà stato un corso, avranno insegnato ai nuovi costruttori a coniugare in maniera rispettosa e più soft il nuovo (indispensabile) e l’antico (un miracolo per chi ama il bello e lo vuole lasciare in eredità a quelli che verranno: doverosamente). Non imitiamo i Ministri dei Beni Culturali.
A Portogruaro è possibile che si continui con presuntuosi condomini da sardine a ridosso del centro, o talora dentro il centro o quasi? E a distruggere (sempre in regola): un solo esempio, tra i tanti, la demolizione della piccola Fenice barocca e del Teatro Sociale. E le torri gemelle dell’ex Pellico? Non sono proprio il massimo.
Mi hanno assicurato che nell’aldilà non si accettano somme in conto corrente, per cui sarebbe inutile fare businnes su businnes, quasi che il denaro che non ha corso “sopra” , “giù” si potesse gustare a pranzo e a cena, magari con banconote di grosso taglio. E’ proprio inutile un appello a rispettare la nostra città? Rivolto a: politici che rilasciano i permessi; all’ufficio urbanistico che deve far valere le regole, anche quelle dettate dal buon senso; agli speculatori edilizi (che cosa se ne fanno dei soldi in più?); alle agenzie immobiliari (capaci di guadagnare anche rispettando l’ambiente); ai costruttori che, quando vogliono, fanno cose egregie, pur rispettando l’antico. Ma un appello specialmente ai residenti; non devono tacere, devono sentirsi cittadini liberi, protestare, proteggere l’ambiente dagli assalti inconsulti. Qualcosa si muove: in questi giorni migliaia di cittadini di Portogruaro e del comprensorio si stanno ribellando contro la disseminazione di inceneritori, centrali a bio masse (molte per solo guadagno) con esposti e denunce all’Unità sanitaria e alla Magistratura. Lo facciano anche contro gli attentati al prezioso lascito culturale e architettonico (difeso tra l’altro dall’articolo 9 della Costituzione: tutela dell’ambiente)) che il sindaco Bertoncello giustamente considera attualmente la risorsa più importante della nostra città.
Bertoncello ha solo da guadagnare facendo rispettare l’ambiente, esaminando bene, anche con la lente se occorre, il Pat, piano di assetto del territorio.
Per evitare sorprese.
Ugo Padovese
(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)
Portogruario tanti campi e poco cervello
Portogruaro ha dei grossi problemi urbanistici, non ci sono le teste per queste cose, l'architettura è di pessima fattura, povera, specialmente le ultime costruzioni, in pieno stile Bibione anni 70, La rete stradale, levate le statali, è inesistente, non ce un parco dove andare a correre, dove poter stare a contatto con la natura, questa comune non riesce ad andare oltre le aiuole. Portogruaro ha un tasso di inquinamento da auto paragonabile a quello di Mestre.