Un mattino in Via Martiri incontro una mamma che spinge una carrozzina. Dentro sta tutto spaparanzato un bambino. Supero la coppia e guardando di traverso la carrozzina e il suo contenuto, pronuncio un rapido saluto: “Ciao bellissimo”. Lui mi guarda aggrottato; non mi conosce e sembra proprio che non abbia voglia di ubbidire alla mamma che gli suggerisce: “Saluta il nonno”. Era la prima volta che mi definivano “nonno” e capii d’intuito che ero diventato vecchio e per giunta disabile.
La mala gramigna che ci perseguita “Dalle Alpi a Lampedusa”, quella malvagia burocrazia (ci sono eccezioni) che impera dall’ultimo bidello agli impiegati e autorità di ogni tipo in tutti i settori della nostra vita, crede di sdebitarsi con noi chiamando per esempio un “disabile”, come io sono di fatto e di diritto “Diversamente abile”. Quale mente perversa, probabilmente maniaca di settimana enigmistica, ha inventato queste e altre delizie del genere? “Operatore ecologico” per stradino; “collaboratrice famigliare” per domestica e così via. “Chiamateci pure disabili, stradini, domestici, facchini purché parametriate con un minimo di giustizia gli stipendi”. Per molti burocrati si va da 5 a 10, 20 mila euro al mese, contro il nostro monoreddito di mille euro, o poco più o molto meno. Per non parlare dei politici: Tremonti aveva programmato un taglio severo agli emolumenti, bonus, compensi spese, funerali pagati. Si è trovato di fronte a una muraglia (venerdì 1 luglio 2011) per cui ha dovuto retrocedere affermando che i tagli alla politica sono stati rinviati. “Alle calende greche?”. E sia ben chiaro: non occorre essere comunisti – come blatera qualcuno in malafede – per dire cose che gridano vendetta. Negli ultimi anni ero stato assente per fastidiose e convergenti faccende sanitarie negative.
Prima una serie di approdi in Ospedali del Trevigiano e del Veneziano, ad eccezione di San Donà di Piave, che dispone di un nosocomio molto dotato di strumentazione, posti letto e personale medico e paramedico abbondante e preparato. L’unico inconveniente: la strada per arrivarci appare lunga, stretta e piena di curve. Appena quell’ospedale sarà dotato di una squadriglia di elicotteri, gli spostamenti verso la città del Piave saranno senz’altro più convenienti.
Dopo ricoveri, interventi anche severi e lunghe riabilitazioni impegnative, convalescenza a casa: “Mi raccomando, riposo assoluto”. “Anzi, mi raccomando, cammini molto”. “Ho i ginocchi “a remengo” per l’artrosi”. “Non importa, deve fare lunghe passeggiate e ciclette”. Figurarsi. Ho dovuto scrivere un libro “Portogruaro – Il Novecento” per far conoscere ad amici e nemici, che ero ancora vivo.
Poi mi decisi: cominciai ad andare in piazza (mezz’ora) per comperare il giornale. Quello che più mi sorprese fu il numero notevole, specie il giorno di mercato, di carrozzine, alcune addirittura a due posti: poche. I questuanti di vari Paesi, continuano a chiamarmi “papy”, meno traumatizzante. Le mamme con i carrozzini invece: “Saluta il nonno”. “Stai a vedere, pensai, che finalmente Portogruaro ha aumentato la sua popolazione?”. Balle. Eravamo più di 25 mila abitanti ancora nella prima metà del secolo scorso, come San Donà. La città del Piave sta ora superando i 45 mila abitanti e Portogruaro nel 2010 era scesa a 23 mila autoctoni. I migranti non li contiamo anche se sono un surplus non utile ma indispensabile per la nostra economia e per la nostra sanità come ammette responsabilmente Tremonti a livello nazionale. Perché il nostro crollo? Non ci sono fabbriche, combattute strenuamente dai proprietari agrari che temevano la fuga di mezzadri e braccianti (servi della gleba) dai loro immensi possedimenti; molte fabbriche dirette a Portogruaro furono costrette a scegliere altre località; contrari i comunisti con il solito “niet” contrapposto a tutte le iniziative democristiane; i “Picci” proponevano un rilancio dell’agricoltura quando tutti i contadini avevano già abbandonato i campi in cerca di un lavoro più dignitoso e meglio pagato. I piani verdi chiesti all’Eni dal Pci in cambio dell’azzeramento di una raffineria che avrebbe rilanciato sicuramente Portogruaro e il Mandamento, si ridussero al picconamento delle strutture già pronte della Raffineria, e alla crescita di una saporosa discarica vicina a centri abitati come Lugugnana e Gruaro.
Ma perché così pochi abitanti e in diminuzione? Ci sono stati massicci fenomeni di emigrazione negli anni ’50-’60 verso Europa e nelle Americhe; un lavoro stagionale poco remunerativo nell’industria alberghiera, pure essa contraria alla raffineria; un fenomeno accentuato di pendolari che finivano per fermarsi nel luogo del lavoro. Da ultimo un costante saldo negativo tra nati e morti. Nell’ospedale di Portogruaro si contano 600 nascite all’anno (il piano sanitario vorrebbe chiudere i punti bambini che non raggiungono le mille unità). Mancando posti letto e strutture a Portogruaro, sembra quasi che non si voglia potenziare la struttura portogruarese ottimamente gestita come si ammette anche ai livelli alti. Questo avverrebbe a vantaggio di San Donà dove pare che i politici possano decidere e dove uno deve nascere. Ma questa è una esagerazione incredibile. E l’Ulls 10 continua a pagare milioni di euro alle Ulss friulane. Nel frattempo si pubblicizza nel periodico dell’Ussl 10, la ginecologia sandonatese dove “le donne possono partorire senza dolore”. Ma il Padreterno non aveva detto il contrario? “E partorite nel dolore”. Saluto ancora i bambini nelle carrozzine e talvolta mi sembra che qualche piccolo mi risponda dicendo: “Ciao nonno, non arrabbiarti, tanto non cambia nulla”.
Ugo Padovese
(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)