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Annotazioni
La piccola “Fenice” demolita a colpi d’ascia
16-09-2011: E i palchetti combustibile per la caldaia

“I cinquanta palchetti del Teatro Sociale di Portogruaro,  inagibili dal 1954, furono demoliti assieme all’arredo del ridotto al primo piano. L’operazione nel ’55 e ’56 fu attuata a colpi d’ascia. Il legno istoriato, intarsiato e scolpito con il gusto barocco del Settecento, da bravissimi artisti-artigiani, fu ridotto a combustibile per far funzionare la caldaia del riscaldamento. E’ stata sicuramente una fine ingloriosa e ingiusta per le strutture straordinarie di un luogo di cultura e intrattenimento per la cittadinanza”.

La testimonianza è di Mario Sandron, occupato allora nel Teatro Sociale, come operatore cinematografico, oggi apprezzato maestro Sommelier. “Si continuarono le proiezioni cinematografiche, che da tempo ormai avevano sostituto prosa e lirica – conclude –,  ma per un pubblico che poteva trovar posto soltanto nella platea”. Del Teatro Sociale rimase intatta  la facciata originale che guardava in Via delle Beccarie, oggi Via Martiri. La sala ristrutturata fu denominata “Cinema Teatro Sociale”. Il 19 marzo 1958 la data dell’inaugurazione, festa del papà. Ce lo conferma una targa seminascosta in un magazzino, con indicazione quasi illeggibile della data e di alcune persone.
“Isola ipotetica costruita, ad immagine della Serenissima”  Ippolito Nievo definiva così Portogruaro nel romanzo “Le confessioni di un italiano”. E la città del Lemene poteva schierare anche la piccola “Fenice” del  “Sociale” che, ben lontana dalla grande “Fenice” di Venezia, costituiva pur sempre un prezioso esempio di teatro barocco del Settecento, storia dell’amore dei  Portogruaresi per la prosa e la lirica.

Attività teatrali a livello amatoriale con compagnie di giovani dilettanti della più elevata classe sociale, erano iniziate a Portogruaro nei primi anni  del Seicento.  Le recite si svolgevano nel Palazzo pretorio e successivamente in diversi Palazzi.  Si recitava il Metastasio, si rappresentavano la Norma, la Sonnambula, i Montecchi e i Capuleti e Belisario. Per evitare il disagio di continui cambiamenti di sede, la Società dei giovani teatranti decise di costruire una propria sede con la vendita dell’uso dei palchetti. Il locale, finito nel 1788 e denominato “Teatro Accademico”comprendeva tre ordini di palchi, scanni in platea e un loggione proletario – “andemo in logiòn che se paga poco” – con una capienza complessiva di 400 posti. Comprendeva anche un ridotto sociale con stanze per il gioco e per il tè. L’inaugurazione il 2 febbraio 1789 con “La tragedia urbana di Beverly”, autore sconosciuto.

Dopo la rottamazione dei palchetti, il locale dal 1958 si denomina “Cinema Teatro Sociale”. Le proiezioni durano – con alti e bassi – fino al 2008, quando anche la platea viene giudicata inagibile per danni al tetto. Per anni il Teatro è apparso come uno spettro nel cuore della città: vetrate scure, luci spente e l’arredo dimesso in un continuo e lento declino. Finalmente la hall e il ridotto vengono affittati  alla società “Tintoretti”. Tullio Tintoretti  ha percepito una nota di giustificato rimpianto dei portogruaresi per la scomparsa traumatica delle strutture lignee di quella che era considerata una piccola “Fenice” settecentesca e poi la chiusura anche del cinema. Nessun ente pubblico cercò mai di fermare questo disastro. Si aggiunge il timore che una possibile mancanza di rigore del tutto ingiustificata da parte del Comune favorirebbe un progressivo snaturamento del centro storico. “Siamo consci – afferma Tintoretti – che il complesso costituiva un pezzo di storia portogruarese; proprio per questo nel nostro intervento abbiamo cercato di mantenere il più possibile elementi architettonici originali. Il nostro inoltre non è solo un negozio di moda, ma anche di arte e cultura, per un rispettoso omaggio ad una realtà che purtroppo è andata distrutta”.

Così va il mondo in questa  “piccola Venezia neviana”. E intanto, dai vetri del nuovo elegante negozio di moda, la presenza di alcuni manichini signorilmente addobbati, ha la parvenza di personaggi  di commedie goldoniane, rappresentate nella piccola “Fenice”. Sembra quasi che qualche manichino guardi i passanti con un atteggiamento di ironico rimprovero. O è semplicemente un saluto?

Alcune note storiche sono state tratte da: “I teatri del Veneto”, autori Franco Mancini, Maria Teresa Muraro e Lena Povoledo; editori Regione del Veneto e Corbo e Fiori di Venezia; primo volume, tomo secondo; pagine 348, 349, 350, 351.

Ugo Padovese


(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)

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