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Annotazioni
Sgarbi al Ritrattista Fagotto “Fagotto disegna lo spirito”
03-09-2011

L’originalità del ritrattista portogruarese Giorgio Fagotto consiste nell’eseguire il disegno del volto di un soggetto (meglio se femminile) con il lapis che vola sul foglio, senza mai staccarsi, fino alla conclusione del ritratto. Quello che all’inizio avrebbe potuto sembrare un banale spettacolo sagraiolo da baraccone, molto presto cominciò ad essere apprezzato da critici ed esperti. Lo stesso Vittorio Sgarbi, considerato icona nazionale della critica d’arte italiana, fu impressionato dai disegni di Fagotto. Vedendo alcuni suoi lavori affermò: “Fagotto disegna lo spirito”. In questo modo  accreditava al ritrattista capacità espressive di valore e una tecnica che utilizzando un metodo singolare, era capace di andare al di là della mera somiglianza, con approfondimenti psicologici della personalità del soggetto ritratto. Sgarbi, al termine di un cordiale scambio di battute con il ritrattista “veloce”, ha voluto scrivere, sul davanti di un disegno di Fagotto, il giudizio lusinghiero che aveva pronunciato. La tecnica del portogruarese sta raccogliendo favorevoli consensi; è stato invitato a lavorare in diretta presso diverse  televisioni locali importanti a Padova, Treviso, Udine, Belluno, ma anche in Rai 1. Lo spettacolo si realizza con il disegno velocissimo, un guizzo simile a un volo d’uccello, di alcuni personaggi che partecipano alla trasmissione. Spesso questi ritratti diventano poi soggetti di mostre e rassegne artistiche. Finora Giorgio Fagotto ha accumulato 372 ore televisive e giudizi lusinghieri.

Fagotto insegnava come perito industriale e poi si è laureato in economia e  commercio a Cà Foscari di Venezia. Nel corso degli studi  alcune carenze  riguardavano proprio il disegno tecnico. “Caro Fagotto, tu sei negato al disegno” gli ripeteva sempre il prof. Manganaro, suo insenante. Manganaro per ben quattro volte aveva inviato Fagotto ad ottobre in disegno. Dopo il successo del bistrattato allievo, Manganaro si ricredette e incontrandolo: “Caro Fagotto, sei un grande maestro” gli disse, ripagandolo dei tanti giudizi negativi del passato.

Prima della sua fortunata avventura del “lapis veloce”, Fagotto  era stato protagonista di un’eccezionale scoperta. Aveva intuito che un quadro rinvenuto in soffitta da un antiquario del Veneto, era attribuibile a Luigi Russolo: portogruarese, pittore, musicista e filosofo. Il Russolo aveva firmato nel 1909 l’esplosivo manifesto futurista con Marinetti, Boccioni, Carrà, Severini e altri. Il quadro rinvenuto risaliva al 1937 e rappresentava un grande parco  attorniato da pini; era il primo quadro di un  nuovo ciclo di pittura, classico-moderna del Russolo, dopo gli squisiti esiti del periodo futurista.
Alcune famose opere di Russolo di quel periodo , tra cui un autoritratto, i tre pini e la folgore, sono conservati nelle sale di rappresentanza del Municipio di Portogruaro. L’intuizione di Giorgio Fagotto fu poi confermata ufficialmente dalla espertizzazione  di Anna Gasparotto pronipote del Russolo e del prof. Franco Tagliapietra insegnante di storia dell’arte all’Accademia  delle Belle Arti di Venezia, curatori di una grande mostra retrospettiva del pittore futurista a Londra.

E ora una  premessa: sono  consapevole della “presuntuosa” comparazione tra un episodio che vado a narrare, quello di Saulo di Tarso e l’improvvisa scoperta che Fagotto fece della sua capacità con il lapis volante. Ciò che avvenne a Fagotto può far pensare all’episodio di Paolo di Tarso, abbagliato sulla strada di Damasco. Negli Atti degli Apostoli si legge che l’ebreo anti cristiano Saulo di Tarso sta cavalcando verso Damasco per un’azione punitiva contro i seguaci di Cristo. Prima di arrivare a Damasco una luce abbagliante fa cadere cavallo e cavaliere, mentre una voce tonante esclama: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Poi Saulo diventò l’apostolo Paolo. Anche Fagotto era stato in qualche modo abbagliato da una luce.
“Avevo 45 anni, racconta il nostro; erano le tre del mattino del 16 novembre 1994. Non riuscivo a dormire e andai in cucina;  vidi sopra un tavolo l’album da disegno di mia figlia Maria Chiara, con accanto una matita di lapis celeste. Ho sentito il bisogno irrefrenabile di dipingere. Ho sfilato una foto di mia figlia dalla cornice e con una matita la ritrassi su un foglio bianco, senza mai alzare praticamente il lapis o peggio ancora cancellare. Avevo acquisito stranamente una “misteriosa” capacità”.
Poi fu facile continuare.

Ugo Padovese


(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)

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