Il drastico e verticale crollo economico e demografico della città di Portogruaro ha precise cause più o meno gravi, tutte presenti nel secolo scorso; in particolare nella seconda metà del Novecento. E anche dopo?
Una ricca città mercantile, dove lungimiranza cultura, ingegno, impegno civile e artistico costituivano principi ben insediati nella mente e nel cuore dei cittadini, o almeno in una minoranza determinante per censo e capacità amministrativa di una città che amavano, si è andata trasformando in un piccolo “villaggio”, che nei suoi depliant può solo mostrare antichi palazzi, alcuni obsoleti e bisognosi di restauro. E forse pur nel caos generale del secondo dopoguerra non fu buona idea, raddoppiare lo spazio del trecentesco Municipio con manufatto moderno, sicuramente ben eseguito e probabilmente dotato di tutti i permessi, ma sempre un falso storico. Poteva rimanere un esempio, non proprio opportuno per altre aggressioni contro il centro storico e l’ambiente; il verde specialmente per azzerarlo, a volte, con casermoni a più piani, redditizi soltanto per le imprese edilizie.
Le cause del crollo: di alcune sono stato testimone diretto; di altre raccoglitore di notizie abbastanza recenti da personaggi ineccepibili e con me d’accordo nella spiegazione di cause, colpe di egoismo e di altri “misfatti” dettati da una mancanza di vera cultura, che è specialmente rispetto per il prossimo. Tutto, naturalmente nel pieno rispetto della legge. Certi esperti Azzeccagarbugli, ricercando nel mare magnum della legislazione italiana, servono proprio per questo.
La causa “madre” del declino è unanimemente attribuita ai ricchissimi agrari, molti ormai avulsi dallo spirito creativo dei loro antenati. Nel primo dopoguerra furono capaci di dirottare altrove fabbriche come quella di Torviscosa e altre. Avvenne proprio quando Portogruaro sarebbe stato prescelto come centro stradale e ferroviario di prestigio, ricco di istituzioni scolastiche (Marconi) e di servizi: teatro, ospedale, tribunale, residenza vescovile. Anche nel secondo dopoguerra gli agrari, potenti di amicizie a Roma, condizionarono le scelte politico–amministrative del Comune, democratico ma debole, spesso non troppo capace. Vedi azzeramento Banca cooperativa cattolica, diventata Banca privata.
Ci fu una puritana e strenua battaglia contro la Caserma Militare di Viale Trieste. Si temeva che Piazza della Repubblica o peggio ancora la Piazzetta di Sant’Andrea fosse invasa dalle … Le chiamiamo escort? Qualche sussulto operativo fu subito bloccato da una “incestuosa” concordanza di interessi tra agrari e comunisti, negli anni Sessanta-Settanta con l’azzeramento della Raffineria.
Un’altra causa di decadimento fu determinata dalla folle aggressione, da parte di teppisti malavitosi, del vescovo Isola, aggredito, offeso e malmenato, con devastazione della sede vescovile. Tutto questo nel 1918 quando Portogruaro fu liberata dall’occupazione astro–ungarica. La città e il comprensorio pagarono un costo altissimo per questo delitto. Il seminario fu subito trasferito a Torre di Pordenone, la sede vescovile fu trasferita sempre a Pordenone nell’aprile del ’71 e la Diocesi cambiò denominazione: Diocesi di Concordia–Pordenone. Come previsto dal Vaticano la sede vescovile fu seguita dal preziosissimo archivio, che comprendeva anche parte della storia civile del Comune. E poi manoscritti, testi antichissimi, volumi di storia, statue e qualsiasi cosa fosse di pertinenza vescovile. Tutto avvenne di notte, quasi che la civile Portogruaro si opponesse in maniera ostile a questo trasferimento. Tranquillità assoluta. Il Capitolo dei Canonici seguì il Vescovo.
Enorme fu la perdita di prestigio, anche sul piano burocratico–amministrativo statale. Il trauma fu religioso, culturale, economico e demografico. Vedi: “Una storia portogruarese” dello storico prof. don Antonio Scottà.
Un’altra causa del crollo: i Comunisti non si accorsero, negli anni Cinquanta, di una evoluzione epocale nella società portogruarese. Era in corso la fuga dalle campagne, con la scomparsa dei contadini e un esodo biblico di migliaia di persone emigrate in vari Paesi europei e nelle due Americhe. Continuava la politica agraria contro l’industrializzazione, appoggiata di fatto dai Comunisti. Vedi relazione del Presidente del Consiglio il 2 giugno 2011 in Municipio. E quindi anche e specialmente contro l’Eni e la grande raffineria di Lugugnana. Era l’ultima concreta occasione per invertire il processo di deterioramento della città. Determinante anche il “niet” dei Comunisti, che alla raffineria contrapponevano un utopico programma agricolo. “Niet” anche da parte degli imprenditori turistici della costa, timorosi di perdere clienti. Il progetto fu contestato anche dalla Dc veneziana che preferiva difendere le antiquate raffinerie e altri impianti altamente tossici di Marghera, attigui a una città unica e fragile come Venezia. Il colpo fu terribile. L’Eni che nel frattempo aveva deciso di smantellare una raffineria troppo osteggiata, non prese neanche in considerazione la banale proposta comunista di un piano agricolo finanziato da quell’ente statale. Del resto i contadini erano spariti e l’unica terra di cui l’Eni si interessava era quella dove si potevano terebrare pozzi alla ricerca di petrolio.
Altre cause di scadimento: scarsa reattività del Comune; poco di pregevole portato a termine salvo la scuola, la sanità, l’abbattimento di baracche, alcune risalenti ancora al primo dopoguerra: Mathausen. Spesso inconsistente a Roma la presenza dei parlamentari locali. Azzeramento delle industrie, a volte sostituite dai grandi supermercati; debole e spesso incerta l’associazione dei commercianti. Incapacità di dialogo tra Comune e associazioni locali. Basta ricordare che in 40 anni Comune e Commercianti non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo sull’isola pedonale del centro storico. E sarebbe ora DI ricordare che il Centro Storico non è stato fatto dai commercianti, ma dai cittadini. Ben vengano, come ospiti, i commercianti. Se non vendono, cambino mestiere. E’ la normale transeunte tragedia del progresso, valida per tutte le categorie. Tardo e quasi inconsistente l’ vvio di una Biblioteca comunale, la cui sede – Palazzo Marzotto – venne quasi subito “trafugata” da una torma di uffici comunali, sia pur condotti da personale attento e qualificato. Stranamente efficace a tratti, specialmente in periferia, l’edilizia anche abitativa. L’artigianato, che fino agli anni ’80 aveva positivamente arginato le falle industriali, ha ultimamente subito un grave crollo. Quasi scomparse le Industrie Zignago a Villanova che con i suoi 3500-4000 addetti costituivano occasione per molti lavoratori portogruaresi. Alla grande soltanto il turismo delle spiagge, capace soltanto di un’occupazione stagionale. Tutto questo spiega anche la grave perdita demografica della città; 25 mila abitanti nella seconda metà del Novecento, 23 mila abitanti autoctoni nel 2010. Centri similari a Portogruaro, nel secolo scorso, oggi stanno veleggiando verso i 50 mila abitanti. Oggi l’economia locale ristagna stancamente tra un commercio che in parte boccheggia, la stagionalità balneare, il pendolarismo e un artigianato fortemente ridimensionato.
L’ospedale è la fabbrica più importante con i suoi 740 addetti, tra cui 140 medici e 600 tra paramedici, impiegati, centralinisti e altri lavoratori. Si aggiungono alcune decine di addetti alle pulizie, messi a disposizione da una cooperativa. Occupazione in calo con i trasferimenti avvenuti o quelli annunciati di interi reparti ospedalieri a San Donà di Piave. In calo il commercio: 800 negozi con un migliaio di addetti; 150 pubblici esercizi, alberghi e abbigliamento; il resto negozi di vario genere. L’intimo, la vista e l’oro prevalgono. Massimo Zanon, presidente provinciale dei commercianti, spera che la categoria possa presto riprendersi con nuovi esercizi: è una previsione confortante. Crollo pesante nella Confartigianato del Mandamento: nel 1985 si contavano 3500 aziende con 12.250 addetti, nel 2010 solo 2055 aziende con 3980 addetti. A Portogruaro un calo molto consistente.
Cosa dire di Portogruaro? Una città con un centro storico ancora visibile e molto tranquillo; un luogo meraviglioso per chi vive soltanto di rendita.
E gli altri?
Ugo Padovese
(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)
Aggiungerei
Però diciamolo pure che questo comune, da sempre, è stato gestito da persone incopetenti, in tutti i campi, senza progetti senza visioni di futuro, quelle poche cose che hanno realizzato sono state un fallimento, non da ultimo il teatro comunale, incompleto e sotto di 70mila euro, prossimo alla chiusura. evidentemente rispecchia una buona metà dei cittadini di questo comune, che spero, siano in buonafede.