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Annotazioni
Si scrive molto sull’ambiente
22-08-2011: Si fa poco per difenderlo

Personalmente credo che il problema dell’ambiente, degli alberi, del verde, specie nel centro storico, sia ispirato da due concezioni: o quella dettata dalla cultura o quella sostenuta dall’imprenditoria edilizia, che giustamente e rispettando le decisioni delle Autorità,  fa il suo lavoro. Che è quello di costruire e possibilmente nelle aree più appetibili da parte dei cittadini. Nel Medioevo i mercatanti, specie veneziani e fiorentini, all’inizio del grande brogliaccio in cui erano segnate tutte le operazioni scrivevano a grandi lettere: “NEL NOME DI DIO E DEL GUADAGNO”. Ma inevitabilmente nel concreto svolgersi degli eventi, il “GUADAGNO” prendeva subito il sopravvento, saltava tutte le regole, l’etica e anche il rispetto delle leggi veniva meno. Solo in fin di vita i nostri Mercatanti del Medioevo una qualche titubanza provavano al limitare della vita. Credevano allora di comprarsi anche la salvezza eterna dell’anima, lasciando Chiese, Conventi, Istituti di Carità, eredi di  gran parte delle ricchezze accumulate. E i figli ricominciavano da capo: “IN NOME…”. Franco Datini, mercante toscano  (Prato  1335- 1410)  lasciò tutte le sue sostanze,70 mila fiorini pari a 247 chilogrammi d’oro, al “Ceppo di Prato”, un istituto per aiutare i poveri. Dalle sue carte ritrovate (fortunosamente e miracolosamente) in parecchi sacchi in una cantina, gli storici poterono scrivere la storia della mercatura del XIV secolo. Lasciamo Datini, sperando che con i suoi fiorini abbia fatto un buon investimento per la sua anima.  Io sono convinto che la difesa dell’ambiente sia innanzitutto una questione di cultura, non solo quella appresa nelle grandi istituzioni scolastiche, ma specialmente quella dettata dalla coscienza: un immediato rispetto del bello che ci circonda, la volontà di lasciare ai figli spazi in cui la natura sia rispettata, dove i fiumi possano scorrere senza avere addosso alti caseggiati dove il cemento la fa da padrone.
L’Italia – in cui la cultura è una merce di sempre più difficile acquisizione – ha un numero sterminato di case abusive. E vogliamo  contare anche quelle che sono state concesse, con tutte le etichette di legge, ma che sarebbe meglio non fossero in siti che da quelle costruzioni, legali, vengono danneggiati? Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale spesso si chiuse un occhio, o anche due, per aiutare famiglie disastrate che in qualche modo cercavano di costruire una casa per ricominciare a vivere. Sorsero disordinatamente ma senza gravi danni. Già allora però c’era chi, a Portogruaro, non povero ma con capitali da far fruttare (come i ‘pescecani’ che avevano lucrato nella prima ma anche seconda guerra mondiale), cercò in ogni modo di occupare quel magnifico, anche se piccolo, prato verde alberato dietro la Scuola “Pascoli” tra Via Camillo Valle e Viale Isonzo. Allora non c’erano tanti libri sull’ambiente, inviti a difenderlo, esortazioni a preservare la bellezza della nostra città per lasciarla ai posteri come noi l’avevamo ricevuta. Anche il sottoscritto, in quegli anni assessore alla cultura, ha lottato con altri contro l’accanimento di personaggi “per bene”, che in ogni modo tentarono di trasformare quel “angolo di paradiso”, e altri, in un’aggrovigliata serie di palazzoni di quarta serie. Senza riuscirci. A Portogruaro le prime case popolari, le mitiche “casette nove” del Rione San Francesco, furono costruite ai tempi di Benito, nel 1938. Capimastri e operai, altamente qualificati e fieri del loro lavoro, costruirono un borgo che non contrastava con il vicino centro storico; case a un solo piano, oltre al pianterreno, con ingressi autonomi, cortile, orto-giardino, servizi interni. Case da abitare, non da vendere, costruite non nel segno del “GUADAGNO”.

Chi sensibilizza chi? In uno stupendo opuscolo firmato nel luglio del 2006 da Ivo Simonella Assessore all’Ambiente e Qualità Urbana e da Antonio Bertoncello sindaco, i due  scrivevano: “ Con l’invio a tutte le famiglie del Regolamento per la disciplina e la salvaguardia delle aree verdi, l’Amministrazione comunale di Portogruaro avvia un progetto di sensibilizzazione volto a promuovere la conservazione e la valorizzazione del suolo pubblico e privato”. Parole da sottoscrivere assieme a tutta una serie di considerazioni che facevano apparire i due Amministratori, veri e propri Cirenei che sopportano il peso della difesa dell’ambiente.

Mi è venuto tra le mani in questi giorni il Pat, Piano di assetto del territorio, della Città di Portogruaro. Documento preliminare e scelte strategiche ed obbiettive di sostenibilità. Quello definito (da poco) è introvabile. Non è un lodo; quello che ho tra le mani ha solo 46 pagine e non ho trovato alcuna data. Ma attenzione: compito indefettibile del Comune sarebbe spiegare ai cittadini in modo chiaro ed esauriente cosa significano certe frasi che potrebbero non essere notate a una troppo rapida lettura e chiedere ai cittadini un parere, visto che i problemi sono grossi e che  per il momento siamo in una democrazia. Ne elenchiamo alcune: mantenimento della presenza di attività commerciali e artigianali, la conservazione di una forte residenzialità mista, il miglioramento della vivibilità in Portogruaro Centro, attraverso la chiusura al traffico del Centro Storico (se ne parla da 40 anni); il miglioramento della dotazione di servizi nel Centro storico di Portogruaro, il recupero dei principali complessi edilizi degradati, fra cui l’Ospedale Vecchio (da riconvertire per finanziare la Rsa presso l’Ospedale Nuovo) e molti altri argomenti tutti importanti. Ma può darsi che il Comune abbia già deciso, speriamo in maniera equa, e in questo caso il mio scritto, a difesa dei cittadini spesso considerati “liberi servi”, sarebbe perfettamente inutile o quasi.

Ugo Padovese


(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)

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