Portogruaro era una ricca città commerciale, quando il Comune dalla dogana ai bordi del Lemene, in borgo San Giovanni, introitava molti soldi per il transito delle merci da e per Venezia; e i maggiorenti della città non trovavano disdicevole occuparsi oltre che dei latifondi anche di mercato.
Oggi, salvo, qualche eccezione, le cose non vanno bene: molti negozi hanno chiuso, altri resistono a fatica, alcuni presto tireranno giù le saracinesche. Da aggiungere che la vendita non è molto variata: si va dall’intimo, agli occhiali, a un numero impressionante di banche, e prevale la cattiva iniziativa di delocalizzare in periferia anche uffici e servizi pubblici.
Da decenni si discute soltanto sulla sosta o meno delle vetture in centro storico, quasi che i problemi del commercio a Portogruaro si possano risolvere esclusivamente con la comodità di posteggiare o meno la macchina a due metri dall’ingresso della bottega.
I grandi centri commerciali sono stati un evento epocale; il progresso è inarrestabile. Nefasto per il commercio al minuto? Sicuramente, ma a pieno diritto. A questo punto la piccola distribuzione in centro va ridimensionata o meglio disegnata diversamente, per offrire ai clienti quello che i supermercati non sono in grado di dare.
Del resto gli stessi commercianti che sono stati solleciti a vendere a suo tempo le licenze ai grossi centri, sono stati poi i primi a lagnarsi che le cose vanno male per i piccoli. Ma sono le contraddizioni italiane: fare i propri interessi e poi dare la colpa agli altri. Non tutti si comportano così ma… “Bonaparte”.
Perché il mercato comunale del giovedì, vivo da secoli a Portogruaro, continua imperterrito a fiorire con un numero sempre crescente di clienti che non hanno alcuna difficoltà a posteggiare anche lontano dal centro storico?
Lasciamo la risposta agli esperti; a meno che non siano simili ai consiglieri comunali che alcuni anni fa avevano proposto di spostare (follemente) il mercato in periferia, in via Valle se non ricordo male. Però nella sala consiliare ci fu anche un serio convegno specifico sul problema del commercio in città, con studi approfonditi e proposte concrete che non ebbero alcun esito positivo, semplicemente perché nessuno degli addetti pubblici e privati ai lavori , dedicò tempo ad approfondire i problemi e tentare almeno qualche soluzione di prova; non hanno in sostanza avuto né voglia né capacità di esercitare quella che si potrebbe chiamare “fantasia creatrice” che riesce a scoprire modi nuovi per risolvere i problemi, che talvolta il progresso pone: offrire occasioni e motivazioni diverse per “obbligare” i clienti a venire in centro.
La storia forse potrebbe insegnare qualcosa: il mercato settimanale scoppia di salute; altrettanto valeva qualche anno fa per il casoin di Alifer vicino al Teatro Sociale e vale oggi per il casoin di Via Martiri, vicino al Duomo, già delle mitiche sorelle Pinni oggi delle sorelle Ambrosio. Dare una risposta a questi successi potrebbe forse, assieme ad altri elementi, favorire la ripresa delle botteghe commerciali nel centro storico. E già qualche iniziativa comunale, anche se isolata, dimostra di saper attirare la gente. I piagnistei non servono: occorrono “fantasia” e impegno per capire il nuovo, tentativi per inventare incentivi e richiami diversi.
Evidentemente i palazzi stupendi del Trecento-Quattrocento, da soli non bastano più; ci vuole qualcosa di nuovo.
Ugo Padovese
(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)