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Signori in carrozza!
05-12-2015: Di Andrej Longo

Quel teatro è vuoto. L'hanno abbandonato prima della guerra e, da quel momento, nessuno ha più messo piede sul suo palcoscenico. Solo una finestra a forma di occhio, chiusa da un'inferriata fa venir voglia di vedere che cosa ci sia oltre.  E pensare che quel proscenio aveva visto l'avvicendarsi di artisti del calibro di Totò, Macario e Anna Magnani! Non era mai stato abituato, quell'imponente edificio,  all'assordante silenzio della morte. Ma quel mondial conflitto ch' ogni umano pensiero sconvolse, ci mise davvero poco a gettar su di lui la spettral ombra della distruzione e della rovina.    Poi ad un tratto, quella sera,  ecco giunger da lontano un familiar suon di voci e l'eco di mille  passi rimbombar sul legno.  “Non ci posso credere! Qui non c'è proprio anima viva! Eppur son convinta di aver ricevuto dal signor Rizzo, il proprietario del Teatro,  le informazioni giuste! Il Verdi di Brindisi dev'essere proprio questo!” Capelli scuri, occhi profondi e penetranti. Lei è Anna Salomè la chansonniere di una compagnia francese giunta nella città pugliese per realizzare un sogno. Allestire uno spettacolo che viaggerà sul treno La valigia delle Indie allietando i passeggeri diretti dalla Gran Bretagna a Bombay. Testarda e determinata come tutti i gitani, è padrona assoluta  della scena. Sa bene di voler e dover a tutti i costi salire su quel treno.  E quella popolar canzone di scritta da Gabriel Ruiz nel 1943 è una vera e propria dichiarazione d'amore rivolta all'arte teatrale.  “Amor amor amor io dico a te tu dici a me sinceramente, amor, amor, amor, tu baci me, io bacio te perdutamente”...  “Quanto doveva esser bello questo Teatro, ragazzi! Mi sembra di vedere ancora i suoi palchetti, di sentire ancora  il profumo della brillantina nei capelli d'affascinanti uomini in frac, accompagnati da  elegantissime donne con i loro gioielli mentre ascolto il concitato vociar della platea prima che lo spettacolo inizi... Noi faremo rinascere tutto questo! Ma ci pensate?... Ora bando alle ciance, è tempo di provare! Siamo già indietro sulla tabella di marcia!  Pianoforte... Chitarra... Percussioni... Banjo... Siamo pronti?! È tutto a posto?! Bene! Direi che possiamo cominciare! Ma...che cosa sono questi strani rumori?  Da dove provengono?... Ehi, voi! Chi siete?!” “Perdoni, la nostra incursione,  signorina! È qui il provino per la Valigia degli Indiani?”  “Per la verità il treno si chiama La Valigia delle Indie... Ma... posso sapere chi siete? Chi vi manda qui?” “Ah già, mi scusi! Non mi sono presentato! Mi chiamo Sasà, sono il direttore artistico di questa compagnia napoletana. Siamo qui perchè vogliamo vincere il provino per la realizzazione dello spettacolo che allieterà i viaggiatori diretti da Londra a Bombay!  Siamo davvero convinti che la canzone napoletana, sia la più adatta per quell'intrattenimento leggero e giocoso caratteristico di  un viaggio di piacere!” “Eh no mio caro! Io e i miei musicisti gitani sappiamo spaziare dal Jazz allo swing,   dunque il nostro repertorio internazionale è il  più giusto per chi deve salire su un treno!” Ed ecco che, dopo i reciproci  insulti,  la sfida si trasforma a poco a poco,  in un duello intessuto di musica e poesia. Il direttore del Teatro non sa proprio che  pesci pigliare. Non gli resta altro che alzare una tenda tra i “signori” e gli “zingari” e sperar che il calar della notte porti loro consiglio. E infatti,  quella notte cambia il corso degli eventi. Ad un tratto Frida, la bella attrice e doppiatrice tedesca, inizia a suonar una nostalgica melodia alla fisarmonica. Son note dolorose le sue. Note che nascondono un passato di prigionia tutto racchiuso in quel numero tatuato sul braccio. Anna la ascolta come rapita dall'estasi. “Frida, ma sei bravissima!” “Eh si,- risponde lei con un velo di fierezza nella voce - “Se sapevi suonare la fisarmonica ti davano doppia razione!”  In men che non si dica, il sonno degli artisti muta in danza mentre il suon di quello strumento, compagno dei viandanti,  si diffonde in ogni dove. Il signor Rizzo osserva ogni cosa e, d'improvviso, vien colto da una fulminea ispirazione: scritturare entrambe le compagnie, lasciando loro assoluta libertà di movimento e d' azione.  Ma la gioia di quella notizia vien presto turbata dall'incontro con un oscuro fantasma avvolto in un nero mantello.   “E ora, che facciamo?” si domanda sgomenta l'attorial compagine.  “Macchè fantasmi e fantasmi!” -  esclama Frida con la fermezza di chi da tempo ha abbandonato la fantasia per lasciar posto alla concretezza d'ogni giorno - “I fantasmi non esistono! Venite qui, invece, e guardate che cosa ho trovato!” Quel baule, intarsiato d'antico,  è custode d' un segreto. Un segreto fatto  di costumi, lustrini e paillettes, appartenuto alla divina Wanda Osiris o ad Ettore Petrolini negl'indimenticabili panni di “Gastone”. Ed ecco che il teatro inizia a parlar di sé e, come per incanto, dal soffitto,  scendono quei fondali che, come affreschi  dei tempi andati,  avevano accompagnato   capolavori drammaturgici entrati nel cuore d'ogni platea. E, quel giorno, le prove diventano  un vero e proprio canzoniere teatrale da Tiziano Ferro a Massimo Ranieri dal varietà alla tradizione del Cafè Chantant fino a quell'omaggio alla suggestiva città pugliese ispirato a Pino Daniele. Ma è ancora la notte ad esser portatrice di quell'ultima  sconcertante e decisiva  rivelazione. La misteriosa figura, infatti, torna a far visita agli artisti  e stavolta  parla con quel suo tono austero e solenne colorato di tenebra: “Artisti morti di fame, ascoltatemi bene, io sono il fantasma di Pasquale Cotugno, un attore che, molti anni orsono,  molto diede a questo teatro. Poi un giorno inspiegabilmente,  il capocomico non trovò di meglio da fare se non  comunicarmi che, di lì a poco avrebbe affidato i miei personaggi ad altri interpreti più giovani di me. Così, non vedendo altra via d'uscita decisi di porre fine alla mia vita. Ma il mio spirito aleggia ancora in questo luogo  all'arte  consacrato perseguitando coloro che soltanto s'azzardano a calcar codesto legno.  Perciò, con l'autorità che ancora mi rimane, vi dico che se non riuscirete a realizzare il vostro spettacolo entro domani vi giuro che vi ridurrò sul lastrico!”  Anna fissa tutti con sguardo interrogativo. Quella voce lei la conosce e per giunta le pare di averla udita proprio poche ore prima durante le prove. “Ma signor Rizzo!?... Com'è possibile? Allora è lei  il fantasma!“ “Sì, ragazzi, sono proprio io, e vi dirò di più: non esistono né treni, né spettacoli né provini. È stata tutta un'invenzione. Il Comune  aveva minacciato di chiudere il teatro, e così, per scongiurare questo grave pericolo,  ho pensato di attirare voi attori con questa allettante proposta, poiché sono consapevole che, solo l'arte drammatica, può essere quel treno che accompagna gli spettatori nell'esplorazione  di nuove terre  d'emozioni e sentimenti  divenendo il cuore pulsante di un microcosmo di storie, legami  situazioni e personaggi che, liberi da condizionanti personalismi, interagiscono e si aggregano in una commistione di ruoli, incontri e scontri partorendo sempre nuove battute, per una coralità che supera lo spazio ed il tempo per elevarsi all'eterna dimensione del mito”. Lode e onore dunque a Ernesto Lama, Paolo Sassanelli, Giovanni Esposito, Margherita Vicario, Marit Nissen, Ivano Schiavi, Sergio Del Prete e ai componenti dell'Ensemble Musica da Ripostiglio reduci dal successo di Servo per due con Pierfrancesco Favino: Salvatore Cardone, piano Ruben Chaviano violino,  Luca Giacomelli, chitarra, Emanuele Pellegrini, percussioni chitarra e banjo,  Luca Pirozzi chitarra e banjo, e Raffaele Toninelli contrabbasso i quali, pur non avendo soldi in tasca per campar, continuano, ogni sera,  a regalar dei sogni da ballar, facendo,  della drammaturgia l'unica, vera, ed autentica finestra sul mondo.  


E.T.

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