Quella notte,/ camminai a lungo per le vie di quella remota città d’Oriente. / Provai un sottilissimo piacere a perdermi nel gomitolo delle sue polverose strade/ avvolto da quell’ infinito desiderio d’altrove. / Vidi uomini dagli sguardi vuoti e dalle mani inoperose,/ uomini che avevano scordato ogni nota della Sinfonia della Creazione./ Ed io,/ io volevo fare come Abramo, / volevo partire, / andare lontano, /verso un luogo di sogni e progetti./ Chiudere per sempre quella porta, / per lasciarmi alle spalle / quella muta stanza di rabbia e dolore. / E invece, / chiuso nella torre del mio orgoglio e imprigionato nella babele dei sentimenti,/ avevo perso il mio cielo,/ la mia terra, / le mie radici./ Ma, soprattutto,/ avevo perso te,/ mia gioia,/ mia tenerezza,/ mio dolcissimo affetto./ Ed ora,/ di ritorno da questo mio viaggio,/ con il cuore gravido/ d’inquiete dissonanze,/ ti chiedo/ di mettermi ancora,/ come sigillo,/ sul tuo cuore,/ di mettermi ancora,/ come sigillo,/ sul tuo braccio,/ per rinnovare, / per sempre/ la Tua alleanza con me/ e non chiamarmi più “Abbandonata”. / perché Tu,/ bellezza così antica e così nuova,/ mi hai cercato/ ed il tuo grido,/ ha rotto il mio silenzio./ Mi hai chiamato/ e la Tua voce/ ha squarciato la mia sordità./ Mi hai trovato/ ed ora ardo/ al desiderio della tua pace.
Elena
“C’è chi sostiene, a buon diritto, che la musica sia un linguaggio. Ciò, corrisponde a verità, però, soltanto nel caso in cui la si consideri come colei che entra a diretto contatto con l’emotività dell’uomo, oppure come lo specchio d’una determinata epoca storica. Occorre sottolineare, inoltre, che, qualora non entri in gioco la parola, della quale può diventare, eventualmente, un valido supporto, il linguaggio musicale, di per sé, non significa nulla”. Non possiede infatti, una grammatica specifica o una propria sintassi, o, ancora, un codice universalmente condiviso poiché sono gli ascoltatori a decretare, di volta in volta, il suo senso ultimo, ergendosi a supremi sovrani di quel circolo ermeneutico che intercorre tra significante e significato”. Con queste parole, il M° Enrico Bronzi, ha dato inizio alla Conferenza Stampa di presentazione del 33° Festival Internazionale di Musica, dal titolo “Babele”, tenutasi venerdì 21 agosto 2015 alle ore 11.00 presso la Sala Consiliare del Palazzo Municipale di Portogruaro. La rassegna concertistica proposta quest’anno, preceduta da cinque appuntamenti in anteprima, a partire dal mese di maggio, si aprirà ufficialmente domenica 23 agosto per concludersi lunedì 14 settembre e si configurerà, come un vero e proprio viaggio nel Novecento delle avanguardie e della “polverizzazione dei linguaggi”, durante il quale, non ci si siede più in una sala da concerto soltanto per ascoltare un brano, ma, lo si fa, innanzitutto, per comprendere quale sia il suo codice linguistico. E la biblica “Babele”, mitico non – luogo della molteplicità delle lingue, diverrà la viva e vibrante testimonianza di come i linguaggi musicali abbiano viaggiato con gli uomini, incontrandosi, mescolandosi isolandosi e rigenerandosi continuamente in quella tacita e paziente rivoluzione avvenuta negli angusti e bui studioli dei compositori. Ecco allora che quella città, con la Torre nel mezzo, spalancherà le porte delle sue mura ad un Oriente idealizzato e alla moda, oppure al semplice Est europeo, -portatore di quella voglia d’altro ed altrove che si respira nel jazz di colore nero dell’Ebony Concerto di Igor Stravinskij,- per trasformarsi, progressivamente, in quel curioso Melting Pot, di razze e culture che consegnerà alle generazioni di domani, una ricca e luminosa eredità, nata non certo per restar rinchiusa nella vetrina d’un negozio di lusso o peggio, nella bacheca di un museo d’arte moderna, ma per esser trasmessa a tutti i popoli e divenir, così, la fonte di quel circolo d’energia vitale che anima gli spiriti umani. Il pubblico, potrà certamente gustare ed apprezzare autori come: Franz Shubert, Johnnes Brahms, Antonin Dvorak, Maurice Ravel, Erik Satie Francis Poulenc o Dimitri Sostacovich, ma, dopo un attento ascolto, riscontrerà sicuramente in loro, il segno di quell’innovativa ed originale pericoresi d’armonie che ha dato origine a quel big- bang di suoni e silenzi caratteristico del “secolo breve”. Ringraziando dunque tutti coloro i quali, anche quest’anno, non hanno mancato di sostenerci, speriamo vivamente che gli spettatori abbiano il coraggio di uscire di casa per entrare in quella Torre dove ogni linguaggio si lega ad un altro per accender la fiamma di quella nuova, e forse insperata, Pentecoste del linguaggio musicale.
E. T.