In una gelida notte d’inverno, sotto un cielo trapuntato di stelle, un giovane, abbandonato dall’amata, parte per un viaggio. Solo e pensoso se ne va per la brulla campagna accompagnato dalla fedele e discreta ombra della luna. Ormai ha deciso: non turberà più i sogni del suo amore. Veglierà sul suo sonno da lontano o forse, passando vicino alla sua casa, scriverà, sul legno della sua porta, Buona notte affinché sappia che il suo pensiero è costantemente rivolto a lei. Così, si lascia alle spalle quei giorni felici e da ogni viso amico s’allontana. Solo la Natura ora gli è vicina. Cammin facendo, si imbatte in una banderuola che gioca impietosa con il vento sul tetto della casa di colei che avrebbe dovuto esser la sua sposa ed egli, folle di dolore, giunge persino a pensare che sia stata proprio quella a scacciarlo dal suo luminoso sguardo. Ed ora quella banderuola, che scherza con l’aria di primavera così come fa con il suo cuore, sembra del tutto simile alla gente del paese a cui poco importa del suo tormento. Lacrime gelate scorrono giù dalle sue guance. Tanto tiepide cadono e subito si congelano come all’alba la rugiada. Eppure, dalla fonte che ha nel petto, sgorgano roventi come l’inferno come se volessero liquefare il ghiaccio di tutto l’inverno. Cerca invano le tracce dei suoi passi nella neve dove, sui prati verdi, mano nella mano accadeva che lei lo accompagnasse. Vorrebbe baciare il suolo, perforare con lacrime brucianti come un rogo il ghiaccio e tentare finché terra non trova. Ma i fiori ormai son morti e ogni colore nell’erba impallidita ormai si perde. Nulla rimane del suo amore. Che cosa glielo rammenterà? Il suo cuore è come morto e l’immagine di lei è congelata sul fondo. Il suo cuore potrebbe certo liberarsi dal gelo, ma la sua immagine sarebbe cancellata. Ecco quel tiglio presso la fonte davanti al portone. Sognava spesso l’amante disteso alla sua ombra ed erano dolci i suoi sogni. Sulla sua corteccia incideva qualche parola d’amore. Lieto o triste che fosse, quell’albero sempre lo attirava a sé. Anche quella notte il giovane gli passa accanto e ancora una volta, nel buio, chiude gli occhi con rimpianto mentre i suoi alti rami lo chiamano dicendogli: “Vieni qui brav’uomo, distenditi, qui troverai quiete!” Un aspro vento gli colpisce il volto, gli vola via dalla testa il cappello, ma egli non si volta nemmeno. Poche ore di cammino lo separano ormai da quel luogo. Solo la neve conosce la sua nostalgia. Basta ch’ella segua la traccia delle sue lacrime ed in breve tempo giungerà al ruscello e con lui potrà attraversare la città per veder le vie animate e le case illuminate. E quando sentirà le lacrime dell’amato bruciare, capirà d’esser giunta alla casa di lei, del suo amore. Il fiume che scorreva festoso, chiaro ed impetuoso, ora è divenuto silenzioso e, tranquillo, giace nel suo letto coperto da una dura e gelida corazza. Su di essa, quel ragazzo dagli occhi bruni, scrive il nome di colei che ama seguito dall’ora e dal giorno in cui hanno avuto inizio le sue pene. Ed eccolo mentre corre a perdifiato verso le torri della città calpestando ghiaccio e neve come fossero carboni ardenti. Il suo piede urta contro ogni sasso nella fretta del suo andare e nere cornacchie, gli lanciano neve e chicchi di grandine in quantità. Ricorda ancora quel giovane d’esser stato accolto in quel luogo pieno di sole dove l’allodola e l’usignolo facevano a gara per cantare. Laggiù fiorivano i tigli dalle folte chiome, nei canaletti l’acqua mormorava e gli occhi d’una fanciulla brillavano. Come desidererebbe tornar sui suoi passi e fermarsi davanti alla casa dell’amata! Ma il suo destino è vagar con fatica perché ogni sentiero conduce alla meta e le nostre gioie e i nostri dolori sono un giocar con fuochi fatui la partita. Solo adesso s’accorge di quanto è stanco poiché fino a quel momento l’andar per l’inospite strada un poco l’aveva animato e mantenuto desto. I piedi non cercavano quiete faceva troppo freddo per fermarsi. Le spalle non sentivano alcun peso e la bufera lo aiutava ad andare avanti. Nell’angusta casupola d’ un carbonaio trova rifugio e finalmente si ferma. Ma né le sue membra né il suo cuore riposano e intanto sogna fiori variopinti, verdi prati, un allegro cinguettio d’ uccelli e baci d’amore ricambiati. Il canto dei galli lo risveglia ed egli siede sconsolato e solo sopra un masso e a quel sogno ripensa mentre s’avvia con passo deciso verso il villaggio. Il corno del postiglione risuona nella via e il suo cuore sobbalza. Ma il postino non reca alcuna lettera per lui è allora perché il suo cuore batte cosi forte? Ormai tanto avanti non può più andare e mentre ad ogni passo rischia d’inciampare, qualcuno fedele fino alla tomba spera d’incontrare. Alle porte del villaggio nemmeno i cani lo lasciano entrare e dalla visione d’una danza lieta e gentile il giovane eroe si lascia ingannare. Erra, erra e mai s’arresta finchè la strada non lo conduce ad un camposanto e le verdi corone funebri paiono l’insegna d’un osteria. Ma nemmeno là lo sventurato può sostare perché le stanze di quella spietata taverna son tutte occupate. Ma ecco, al limitar del paese, un vecchio suonatore d’organetto che vacilla malfermo sul ghiaccio. Nessuno lo ascolta, nessuno lo vede, e il suo piattello sempre vuoto rimane, ma lui, indifferente ad ogni cosa, gira, gira e l’organetto mai tace, mai tace. “Strano vecchio, dimmi, posso venir con te?- gli chiede il giovane- “Ti andrebbe di accompagnare con il tuo organetto i miei canti?” Giovedì 19 febbraio 2015 alle ore 21.00, nell’intimità della piccola Chiesa di San Luigi a Portogruaro, in occasione del secondo appuntamento della Stagione Concertistica l’Estate d’Inverno, il tenore Alessandro Cortello, e il pianista Michele Bravin rendono omaggio a Franz Shubert e al suo Die Winterreise, (Viaggio d’inverno) un ciclo di ventiquattro canti per pianoforte e voce, su testi di Wilhelm Müller, composto dall’autore nel 1827 e divenuto, senza dubbio, il simbolo della produzione liederistica tedesca. E a me piace pensare che quel giovane e quel vecchio, uniti ormai da un’eterna alleanza, instancabilmente continueranno a narrar le loro peregrinazioni, per regalare al pubblico sempre nuove emozioni.
Calliope
(Elena Toffoletto)