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Branco di scuola
05-02-2014: Una semplice storia di bullismo

Ciminiera Vecchia è una  città di provincia resa viva soltanto dalle colorate tracce lasciate dai  writers   sui muri e sui vagoni dei treni. In uno dei grattaceli di periferia, abitano due fratelli, Giorgio e Sofia. Giorgio frequenta la terza superiore presso il Liceo Tecnico e Tecnologico. Di quella scuola gli piace soltanto il nome cosi complicato ed attraente perfettamente adatto ad un mondo dove tutto sembra correre verso una meta sconosciuta. Anche Sofia ha scelto lo stesso istituto per condividere con lui la nuova strada che si apre dopo la terza media. Le giornate sarebbero tutte uguali tra quelle quattro mura, se non ci fosse Silvano, il bidello del secondo piano, che, al modico prezzo di un euro, fotocopia tutto lo scibile umano, dal possibile all’impossibile. E poi c’è lui, Martin, il ripetente di quarta, la star dell’intero istituto: alto, biondo, occhi azzurri, mascella quadrata, firmato dalla punta dei piedi alla punta dei capelli, ossequiato da tutte la ragazze, soprattutto da quelle di seconda. Ora, però, è il momento di aggiungere un nuovo membro al gruppo e Martin, ovviamente, l’ha già individuato: sarà sicuramente Giorgio. Al momento dell’intervallo lo aspetta seguito dal suo solito corteo di ragazzine. Giorgio lo vede,  tenta invano di nascondersi, ma lui lo richiama all’ordine e gli si para davanti in tutta la sua possenza. Giorgio rimane lì impietrito con i due piedi su una mattonella. “Carina tua sorella”- gli dice- “Voglio la sua focaccia”. Giorgio lo guarda senza capire, sa soltanto che deve agire e deve farlo al più presto. Il problema è che non sa come. Come reagirà Sofia? Che cosa penserà? Rimuginando tra sé questi pensieri, raccoglie tutte le sue energie e corre da Sofia. “Scusa, puoi darmi la tua focaccia?” Ho dato la mia merenda ad un compagno e sono rimasto senza.” Sofia lo guarda con sguardo interrogativo e gliela porge in silenzio. Giorgio torna da Martin con uno sguardo trionfante dipinto sul viso. “Bravo, hai superato la prova!”- sentenzia il capo  provvedendo subito a ridurre la focaccia ad  un’indeterminata poltiglia sotto i suoi piedi-  “Ora sei ammesso ufficialmente nel nostro gruppo! Domani aspettami qui alla stessa ora”. L’indomani, puntuale come un orologio svizzero, Giorgio è ancora lì ad aspettare disposizioni. “Vieni con me”- sibila Martin alle sue spalle. Giorgio lo segue lungo un corridoio lunghissimo ed entra in una stanza senza finestre. Nel buio riesce appena a notare l’indefinito e scomposto ammasso dei corpi dei discepoli di Martin distesi sui materassi. “Sai come si veste tua sorella?” Normalmente” – risponde Giorgio- “Perché me lo chiedi?- “Voglio sapere come si veste, perciò domani alla fine dell’ora di educazione fisica devi portarmi la sua maglietta”. Il giorno seguente Giorgio si piazza davanti agli spogliatoi della palestra e cerca in tutti i modi di richiamare l’attenzione della sorella. Lei finalmente si volta e un urlo giunge alle sue orecchie: “Sofiaaaaa!!! La tua maglia ha una macchia, dammela!!” Sofia si guarda intorno, guarda la maglia senza alcuna  macchia, guarda gli occhi imploranti del fratello, non capisce, ma decide di fidarsi. Alza lentamente le braccia dalla pancia, al seno alla testa e, in un battibaleno, quella graziosa magliettina bianca non copre più i suoi esili fianchi. Giorgio non la perde di vista un attimo e, con una mossa da centometrista, si impossessa del trofeo. Sofia resta li, in piedi, nuda e infreddolita con indosso soltanto il suo reggiseno azzurro a fiorellini bianchi. Corre a perdifiato verso il bagno per sfogare finalmente le lacrime, mentre un gruppo di ragazzi invade il corridoio come una mandria di gnu allo stato brado per non perdere nemmeno un  istante di quello spettacolo. Occhi scuri, occhi chiari, occhi incavati, occhi segnati occhi pieni di desiderio pronti a fare la radiografia dell’anima della loro vittima. Sofia si chiude in bagno e scoppia in pianto. Resta lì, immobile,  per un buon quarto d’ora con lo sguardo perso nel vuoto rannicchiata come  un cagnolino ferito, osservando le gocce d’acqua verdina che scendono dal lavandino e cadono in un secchio con un suono cadenzato e ritmico. Ad un tratto una voce famigliare la risveglia dal torpore: “Sofia! Sono Giorgio, sei li? Dai vieni fuori!” La ragazza esce a capo chino e ritrova la sua maglia infilata sull’estintore.  Non lo guarda nemmeno in faccia mentre la sua mente e il suo cuore vorrebbero urlare: “Vai viaaaaa!!!” Il giorno seguente gli avvoltoi di Martin si appostano di fronte al bagno delle ragazze pronti a carpire ogni movimento di Sofia. Al  suono della campana della ricreazione eccola arrivare con passo tranquillo  e chiudere a chiave la porta per cercare un po’ di intimità. Intanto, quegli occhi la scrutano ancora dal buco della serratura.  Ma Sofia ha già architettato la sua vendetta. Sale al secondo piano con un pentolino in mano e vede il gruppo di Martin in piedi sul tavolo di Silvano. Senza pensarci due volte getta addosso ad uno di loro il liquido giallo contenuto nel pentolino. “Che cos’è?”- chiede pulendosi il viso con la manica della felpa.  La risposta di Sofia è lapidaria: “Piscio”.  Quell’onta da parte di una ragazzina più giovane di loro è troppo grave per essere tollerata dai bulli senza conseguenze e così, il giorno dopo, i cinque decidono che Sofia deve espiare la sua colpa. Dopo averla aspettata vicino ad una panchina formano un cerchio attorno a lei bloccandole mani e piedi mentre Martin, con una mossa quasi teatrale e gli occhi scintillanti di vittoria, le slaccia il bottone dei pantaloni. Sofia però riesce a liberarsi e, con la forza degna d’un pugile, gli molla un sonoro ceffone. Giorgio ed un compagno assistono all’accaduto e filmano il grande evento con il cellulare. Fanno qualche passo verso Martin e gli mostrano  il video. Sotto scorre una scritta: PUBBLICATO SU FACEBOOK. Martin è furioso. In un attimo la stima, il rispetto e l’autorità di cui godeva  all’interno del gruppo si frantumano in mille pezzi come il vetro di uno specchio. Finalmente libera, Sofia esce da quel cerchio d’umiliazione e vergogna. Per la prima volta, dopo lungo tempo, il suo sguardo incontra quello di Giorgio. E, per la prima volta, non sorride.
 
Un attore seduto su una sedia con le rotelle al centro dello spazio scenico. Il resto è  silenzio, è  vuoto da riempire con la forza delle parole e la luce dell’immaginazione. Questo è Branco di scuola, l’incisivo ed efficace monologo proposto da Guido Castiglia, (nato da un’intensa ed accurata attività laboratoriale con i ragazzi delle scuole secondarie) che, venerdì 10 gennaio alle ore 10.00, nell’ambito della rassegna Teatro Scuola, ha illustrato senza volgarità, polemiche e inutili perbenismi il preoccupante e dilagante fenomeno del bullismo. Un fenomeno che, come testimoniano i ragazzi, non consiste solo nell’aggressività evidente o nella violenza eclatante, come i media vogliono far credere. Può anche essere solo una parola o un gesto indirizzato sempre alla stessa persona. Gesti e parole che stillano come gocce d’acqua logorando la sua interiorità, il suo mondo interiore, le sue relazioni e i suoi affetti e giungendo ad estendersi fino all’intero universo della dignità umana.

Narrazione teatrale tratta dal racconto A trecento KM all’ora  Ed. A. Colonnetti
di e con: Guido Castiglia
Musiche: Richard David James
10 gennaio 2014 - Teatro Scuola

E.T.

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