Dietro il sipario si sentono allegre risate. La tenda si apre proprio nell’attimo in cui una donna delle pulizie sta finendo di spolverare le sedie colorate addossate alle pareti di una sala da ballo grigia e spoglia che tutti chiamano milonga. Gli avventori sarebbero giunti di lì a poco per trasformarsi in ballerini di tango. La donna scompare silenziosamente dietro le quinte. Ed eccoli, infatti, arrivare teneramente abbracciati. Sorridono e parlano amabilmente della giornata appena trascorsa. Si accomodano silenziosamente sulle sedie gli uomini da una parte e dall’altra le donne schierati come soldati di un esercito. Si cercano con lo sguardo. Si alzano e fanno qualche passo l’uno verso l’altra. Ad un tratto Kledi Kadiu vola sul palco a petto nudo e getta scompiglio tra le schiere. Virile, possente. Sembra aver già scelto la sua compagna per quella serata. È lei, quella fanciulla dai lineamenti delicati e dall’abito dorato. I due si abbracciano e si lasciano si rincorrono e si prendono come bambini che giocano a nascondino per giungere, finalmente, a quel lungo e sospirato abbraccio. Quel magico incontro tra i corpi continua, come in un’onirica visione, sotto una luce bianca e soffusa. Le ragazze sedute di spalle battono i piedi a ritmo con la musica mentre attendono con trepidazione l’arrivo dei loro compagni di ballo che si siedono sopra di loro. Danzano tutti sulle calde note di Oblivion e Libertango. Le figure si susseguono scandendo il ritmico vortice dell’esistenza mentre la musica diviene parte integrante di quella giocosa e michelangiolesca guerra tra i corpi piena d’amore e di seduzione, di nostalgica ricerca e totale abbandono che termina con quel gioioso girotondo che ama e difende la vita.
In occasione dei cinquant’anni di attività della compagnia, le creative coreografie di Milena Zullo e i dodici danzatori del Balletto di Roma, accompagnati dalla delicata e potente presenza scenica del ballerino albanese Kledi Kadiu, raccontano le appassionate vibrazioni del tango, nato nella solitudine dei vicoli argentini, intonato dalla chitarra o vibrato dal soffietto del bandenon. Tango ballato e cantato ricco di modernità e raffinatezza. Le intramontabili musiche di Francisco Canaro, Lucio Demare, Juan D’Arienzo, Carlos Gardel, Astor Piazzola, Osvaldo Pugliese, Anibal Trailo e Angel Villoldo, narrano singole biografie che, a poco a poco, diventano storie di coppia, di gruppi o di terzetti e si esprimono nella purezza della danza attraverso intrecci sinuosi e sensuali, scivoloni per terra, volteggi e violenti salti mentre uno specchio, posizionato sul fondo della scena, come una finestra, mostra dall’alto l’intera azione scenica come per offrire al pubblico un diverso punto di vista dal quale osservare i quadri che sfilano, davanti agli spettatori pieni d’entusiasmo, come un album dei ricordi. Una felice contaminazione tra il tango classico e la danza contemporanea che immerge la platea nelle diverse anime di questa espressione artistica che, con il passare dei secoli, è divenuta l’emblema della semplice complessità del cuore e dei legami umani.
E.T.