Il pubblico si accomoda in sala. Trukacevsky e mia moglie fanno il loro ingresso e si inchinano profondamente. Lei si siede al pianoforte. Sorride e scambia con lui languide occhiate mentre lo accompagna sulle note della Sonata a Kreutzer di Beethoven. Lui ricambia il suo sguardo come un bambino curioso e innamorato mentre le sue dita picchiettano attente le corde del violino. L’intesa tra loro è assolutamente perfetta, non c’è che dire ed io, mentre il drago della gelosia mi assale, non comprendo più cosa sia la musica. Come dire? La musica mi mette in condizione di dimenticare me stesso e la mia situazione reale e mi trasporta in una situazione che non è la mia: sotto l’influsso della musica mi par di sentire ciò che in realtà non sento di capire ciò che non capisco di potere ciò che non posso. Il pensiero di quell’episodio stava diventando una vera ossessione per me perciò, alcuni giorni dopo, decido di allontanarmi da casa per questioni di affari. Durante il mio viaggio ricevo una lettera di mia moglie che mi informa che il suo violinista è tornato per portarle una partitura che le interessava. Ho un brutto presentimento. Devo tornare a casa. Subito. Prendo la carrozza e fuggo via velocemente. Non riesco nemmeno a vedere le enormi distese di frumento giallo che si stagliano contro il cielo terso di primavera. Ad un tratto la carrozza si ferma e, dopo un rapido cambio dei cavalli, continua a volare sulla strada sterrata. Finalmente scendo davanti a casa e, con la rabbia in gola, giro la chiave nella serratura. Sento delle risate provenire dalla cucina. Sono loro. Sono seduti a tavola e ridono. Ridono. Ridono e ancora ridono. Mi avvio lentamente verso il mio studio. Prendo un pugnale che tenevo nascosto in un cassetto. Nascondo le mani dietro la schiena e, cercando di controllare i miei impulsi, torno in cucina chiedendo se il mio arrivo improvviso avesse per caso disturbato l’intimità di quella cena romantica. “No…” risponde lei con un filo di voce. È pallida, ha paura. Sembra un cagnolino ferito. È il momento giusto. Colpisco. Una. Due. Tre volte. La lama che si conficca sotto la carne del suo seno. Lei si accascia a terra senza un gemito. Lui, attonito e sgomento, scivola sotto il pianoforte e scappa dalla porta socchiusa. Solo in quell’attimo realizzo ciò che ho fatto. Corro nella mia stanza, chiudo la porta e, mentre penso a ciò che devo fare, le forze mi abbandonano e un sonno pieno d’incubo mi vince. Al mio risveglio sento suonare alla porta. È la sorella di mia moglie con i bambini. Lei è stesa sul letto. “Ti odio!” mi dice. Ce l’hai fatta a fare ciò che pensavi da tempo.” Ti odio!” Ma i bambini non te li lascio. Li ho affidati a mia sorella…” Questa è la tragica vicenda di un uomo di nome Pozdysev, protagonista del romanzo breve Sonata a Kreutzer di Tolstoj, il quale, durante un viaggio in treno, confessa ad uno sconosciuto di aver presentato alla moglie un suo amico violinista e di averla assassinata dilaniato dal dubbio di un tradimento probabilmente mai avvenuto. Un’opera che racconta la musica quale generatrice di travolgenti e oscure passioni. Ed è proprio attorno a Kreutzer che, sabato 31 agosto 2013, alle ore 21.00, presso la Sala Consiliare del Palazzo Municipale di Portogruaro, si incontrano, in modo totalmente originale, Ludwig Van Beethoven, autore della Kreutzer Sonata scritta nel 1803, il violinista Rudolphe Kreutzer, dedicatario della composizione beethoveniana, il quale non la eseguì mai ritenendola troppo difficile e Leos Janaceck il quale, nel 1903, prendendo spunto dal romanzo tolstojano, compone il Quartetto n°1 per violino violoncello e pianoforte per descrivere con l’immediatezza del linguaggio musicale, quell’alternanza tra desiderio e seduzione che getta luce sull’aspetto più tragico dell’amore. I violini di Francesco Cerrato e Valentina Danelon, la viola di Enrico Carraro e il violoncello di Stefano Cerrato accompagnano con efficaci contrappunti il nervoso turbine di sentimenti che agita l’animo del protagonista e urla tutta la sua forza attraverso la grande espressività della voce recitante di Luciano Bertoli in un creativo connubio tra musica e letteratura che rappresenta uno di quei rari casi nei quali quest’ultima si è ispirata ad un brano musicale per dare vita ad una narrazione di straordinario successo.
Calliope
(Elena Toffoletto)