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Honour
19-04-2013: Con Roberto Alpi, Paola Pitagora, Viola Graziosi ed Evita Ciri

“Ho sposato George più di dieci anni fa. Lui era un giornalista appassionato e sempre in cerca di notizie tanto che ho dovuto abbandonare  le mie aspirazioni di scrittrice per seguirlo nei suoi viaggi per il mondo, ma l’ho fatto con piacere perché lo amavo ed ero ricambiata (o almeno questo era ciò che pensavo).  Dal nostro matrimonio è nata nostra figlia Sofie che con nostra grande gioia ora si sta laureando. Sembrava che tutto procedesse a gonfie vele fino a quel maledetto martedì, quando sulla scena della nostra vita si affaccia lei, Claudia, una giovane, bella e promettente giornalista appena laureata  in cerca di notorietà, forse un po’ arrivista con quegli occhi scuri, pieni di desiderio la maglietta attillata, una minigonna di jeans e un paio di stivali neri che le davano un aria alquanto maschile. Ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrate. Era venuta a casa nostra per fare un’ intervista a mio marito che non si era ancora rassegnato all’idea di aver perso la gloria di un tempo e aspettava solo un’occasione promettente per tornare tra le prime pagine della carta stampata. Devo dire che inizialmente mi stava quasi simpatica con quel suo fare da prima donna e quel suo ingenuo e spregiudicato discorso sull’amore pieno di individualismo: “Da quanto tempo non scrive romanzi signora?” – mi chiede con una punta d’arroganza come se stesse aspettando la risposta più importante della sua vita- “Da molto”, -  rispondo cercando, per quanto possibile, di mantenere un tono pacato – “Ho deciso di assecondare le ambizioni di mio marito e per questo ho deciso di lasciare la penna” “Ma lei lo sa signora che sposarsi per amore non significa annullare la propria persona?” “Vuole proprio sapere quello che penso signorina? Quando si sta con una persona e si impara ad amarla si è anche disposti a modificare i propri obiettivi e se necessario, ad abbandonare i propri progetti perché questo è ciò che ti chiede l’amore!” Ci è voluto davvero poco perché George cedesse alle sue lusinghe. L’ha fatto proprio quel martedì sera. Non riconoscevo più il suo sguardo. Le sue parole sono state lapidarie: Honour… Io ti lascio! Mi sembrava impossibile, ma ora che mi ha abbandonata  per andarsene con lei, che a suo dire gli ha fatto ritrovare quella passione che non respirava da tempo, non sono più certa di nulla e le parole di Claudia risuonano nella mia testa come mille martelli pneumatici”. Le molteplici sfaccettature dell’amore, quello passionale, quello maturo, confermato da una vita insieme e quello adolescenziale di una figlia in cerca della propria indipendenza dalle figure genitoriali,  si sfidano a duello senza esclusione di colpi, come in un incontro di pugilato nella pièce teatrale tratta dall’opera letteraria dal titolo: Honour della scrittrice australiana  Johanna Murray Smith i cui tempi vengono scanditi dagli attori sulla scena.  Il testo si dipana agilmente tra le pieghe del detto e del non detto, mentre le parole scorrono a fiumi investendo, con il loro impeto, i protagonisti. Il risultato è lo sfregio di un quadro a prima vista pieno di colori e senza ombre che, a poco a poco, prende le intricate forme dei brevi ed efficaci confronti pieni d’aspra tenerezza tra madre e figlia e tra figlia e padre, fino a quell’ultima scena, senza scenografia, nella quale i protagonisti cercano di mettere ordine nel loro caleidoscopio di emozioni. Lui, George, è Roberto Alpi il bello di Incantesimo e di Cento Vetrine, alto brizzolato con quel suo timbro di voce basso e sensuale a suo agio sia nella fiction che in teatro. Lei, Honour,  è Paola Pitagora, l’indimenticabile Lucia Mondella nello sceneggiato a puntate I Promessi Sposi del 1969 con Nino Castelnuovo. Un’attrice che, nonostante le sue molte primavere, mantiene una recitazione fresca e spontanea. Due attori di grande esperienza, assolutamente complementari. Al loro fianco due interpreti promettenti come Viola Graziosi nei panni di una Claudia determinata e intraprendente ed Evita Ciri nel ruolo di Sophie, studentessa universitaria ancora immatura nei riguardi dei sentimenti che invidia l’ ”esperta” Claudia che, come lei stessa si definisce è una che si è solo adeguata al sistema ed ha raggiunto i suoi obbiettivi facendo leva soltanto sulla propria avvenenza.  Una pièce ricca di spunti di riflessione e di dialoghi mai retorici, per la regia di Franco Però, che costringe il pubblico, che si è manifestato attento e partecipe, ad immergersi nella rischiosa avventura dell’amore o meglio degli amori, riscoprendo continuamente se stessi e  lottando costantemente con gli stereotipi del senso comune, dell’onore, dell’orgoglio,  della dignità e della convenienza.

E. T.

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