“Michelle, ma belle, sont trois mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble… È stata tutta colpa dei Beatles. Pensate che mia madre ha dato il primo bacio a mio padre seduta su un juke box promettendogli che la loro figlia si sarebbe chiamata Michelle. E questa è la mia camera con i poster e tutti i miei pupazzi Quanti ne avevo! C’è un cagnolino, un delfino, una mucca e poi c’è lui, Trupolo, una specie di folletto dagli occhi curiosi, la bocca sorridente, il mantello e le scarpette rosse fatte da me. Era il mio preferito. Per anni gli ho confidato tutti i miei segreti e le mie paure mentre lui mi ha ascoltato senza stancarsi mai”. La voce fuori campo di Michelle Hunziker apre il suo nuovo one woman show dal titolo Mi scappa da ridere diretto da Giampiero Solari. Ed eccola apparire sulla scena vestita di rosso con il volto incorniciato dai lunghi capelli biondi ammantata di luce e circondata dalle ragazze del suo corpo di ballo con le gonne alzate che paiono code di pavone o bocche spalancate al sorriso. Mentre la show girl svizzera inizia a prendere confidenza con il pubblico per saggiare lo spirito della serata, si sente una voce famigliare … È proprio lui! Trupolo!!! Sembra aver sentito l’eco dei suoi ricordi ed ora è lì, virtuale ma vivo, con le sembianze di Michele Foresta (Mister Forest). Trupolo!? Sei proprio tu!?” Ma che cosa ci fai qui?” “Mia cara”- risponde lui con la tipica saggezza di un pupazzo sazio di anni e di esperienza -“Io conosco tutto di te, ti ho vista crescere e, se tu lo vorrai, sono pronto ad accompagnarti in questo viaggio alla scoperta del tuo mondo.” “Ma certo! Volentieri!” “Allora, per prima cosa, racconta come sei entrata nel mondo dello spettacolo!” “Eh si”- risponde lei sorridendo- “Ero un’ingenua ragazzina di soli diciassette anni quando sono arrivata in Italia per fare il provino per la pubblicità degli slip Roberta e migliaia di ragazze come me, con i pantaloni abbassati, aspettavano la chiamata che avrebbe cambiato per sempre la loro vita. Dopo pochi minuti mi hanno richiamata ed io avevo realizzato il mio sogno. Da quel momento il mio fondoschiena, con le ombreggiature di trucco, troneggiava su tutti i manifesti pubblicitari facendo letteralmente impazzire gli automobilisti. Diciamo che ho avuto un bel po’ di fortuna perché nel mondo dello spettacolo ci sono entrata, da “dietro”, ma ci sono entrata!” Michelle è così, spontanea, fresca e assolutamente innovativa nel suo modo di fare spettacolo. Si sente completamente a suo agio mentre interagisce con l’immagine di sé a sessant’anni così tirata a causa della miracolosa puntura botulinica che, alla minima risata finisce per scoppiare, oppure con la stessa immagine, questa volta “al naturale”, così rimbecillita da non riuscire neanche a tener testa a quel dialogo virtuale e divertente. Sa sorridere e far sorridere con naturalezza, come pochi sanno fare e la sua ironia contagia anche il pubblico soprattutto quando racconta i suoi innumerevoli tentativi per imparare a usare facebook, “quell’orizzonte aperto sul mondo dove tutti sono tanto amici da non conoscersi nemmeno”- come lei stessa lo definisce,- per cercare di seguire, anche se a distanza, la crescita della figlia Aurora ormai sedicenne. O, se preferite, quando canta quell’evergreen di Frank Sinatra I’m singing in the rain emblema del musical per eccellenza la passione della sua vita, con quel ritmo brioso che richiama alla memoria la magica atmosfera degli anni Trenta. Oppure ancora quando ricorda con nostalgia le lunghe estati romantiche a Gatteo Mare sulla riviera romagnola con il rumore dei risciò, il salso marino tra i capelli, i suoi piccoli e grandi amori da adolescente, il sapore della piadina e, soprattutto le canzoni italiane che, una volta tornata a casa, ricantava in tedesco alle sue amiche facendole morire d’invidia. Michelle canta, balla, scende persino in platea mentre il pubblico, forse un po’ imbarazzato, cerca di imitarla canticchiando in lingua tedesca il ritornello di Fin che la barca va. “E che mi dici di quel ragazzo romano nato ai bordi di periferia?”- incalza ancora Mister Forrest- “L’ho visto per la prima volta in tv quando avevo solo dieci anni ed ero una semplice ragazza di provincia. Ho giurato a me stessa che l’avrei sposato. Passano i mesi ed io continuo a sognare e a baciare il suo poster fino a consumarlo. Dopo un suo concerto a Berna, ci siamo rivisti a Roma e il suo sorriso mi ha conquistata. Purtroppo non tutte le favole finiscono bene…”- sussurra malinconica guardando le immagini dei rotocalchi pieni di pettegolezzo proiettate sul fondo della scena. “Malgrado tutto, però, io continuo a sorridere perché so che per ogni favola che finisce ne inizia una più bella ed ora, infatti, sono felice e fidanzata. E continuo a sorridere anche perché ho te come amico mio caro Trupolo. Continuate a sorridere, dunque, poiché quando sorridete il mondo sorride con voi!!!” Uno spettacolo pieno di poesia spontanea dove il linguaggio del teatro e quello della televisione trovano un felice trait d’union attraverso l’uso di ledwall e ologrammi. Un’ artista vitale, energica e versatile con la risata negli occhi, che ben conosce l’arte della comunicazione e sembra entrare in relazione in modo del tutto originale con ciascuno degli spettatori seduti in platea proprio come si confà ad una vera attrice di teatro. Il pubblico la saluta con un fiume di applausi e una standing-ovation mentre fuori dalla sala qualcuno bisbiglia: “Caspita è proprio brava, nessuna delle nostre attrici italiane è così completa come lei”… Uno spettacolo davvero insolito (tra i più tecnologici mai rappresentati nei teatri “di giro”) sia per gli appassionati di prosa, sia per i neofiti dell’arte teatrale. Un altro grande successo per il Teatro Russolo testimoniato dalla numerosissima presenza di giovani in sala e dal numero elevatissimo di persone in lista d’attesa (sono state ben più di cento) che hanno dovuto rinunciare alla visione della pièce a causa dell’esaurimento dei posti.
E.T.