Il sipario si apre e lo scenario che appare davanti al pubblico evoca La Storia Infinita di Michael Ende. Sopra una roccia troneggia una sfera azzurra simbolo di perfezione. Mentre le maestose note de: La Sagra della Primavera di Igor Stravinskij irrompono per tutta la sala, i Sette Elementi della Terra, con le loro tute dai colori sgargianti, iniziano a volteggiare sul palcoscenico e l’imperioso timbro dei timpani introduce l’arrivo dei Primi Uomini. Dalla platea, gli spettatori possono perfino sentire la pesantezza dei loro passi. Le loro schiene curve sembrano aver sorretto pesanti macigni e i loro arti superiori si agitano come ali d’uccello. Tutto è pronto per il sacrificio. Quella giovinetta dovrà danzare fino alla morte per propiziare l’arrivo della buona stagione. Il cielo si fa di fuoco, il pathos musicale raggiunge il suo acme e l’intreccio di corpi danzanti, quasi michelangioleschi, si fa sempre più fitto. Ma ecco che, come per incanto, la sfera celeste si frantuma e la ragazza esce salva, come rinata da un utero di donna. La tensione svanisce e, mentre si alzano le note della Moldava di Smetana i Sette Elementi ricominciano a danzare in una perfetta armonia dialogica con l’Uomo. Il cielo si fa terso e pare compartecipare a quella pace a lungo cercata e finalmente ritrovata. Anche il pubblico, inizialmente teso e concentratissimo, sembra essere più rilassato. L’umanità moderna si risveglia lentamente, nel candore del sogno, sulle note di Adrian Enescu che paiono il canto, cupo e dolce e irreale di una sirena lontana, ed alcune ragazze di bianco vestite si muovono sinuose tutt’intorno. Ad un tratto, una coppia di ballerini avanza sulla scena. I due si guardano, si cercano, si inseguono per ritrovarsi e continuare a ballare sospesi tra il tempo e l’eternità fino a che la ragazza, ormai donna, prende delicatamente la mano del suo sposo e dopo aver dato un ultimo sguardo al pubblico incantato si avvia con grazia e fierezza verso il fondo della scena. Quel sacrificio con il suo alone di morte è dimenticato mentre il matrimonio d’amore tra Terra, Cielo e Uomo è sancito da una melodia molto simile alla colonna sonora di un antico film romantico. In occasione dell’apertura della stagione della danza, dalle pagine ingiallite del mito russo, grazie al genio creativo di Liliana Cosi, e all’inventiva del coreografo rumeno Marinel Stefanescu, rinasce uno dei capolavori di Igor Stravinskij. Un tripudio di colori, luci e figure, una danza che diviene parola e forma attraverso i leggiadri corpi dei ballerini della Compagnia del Balletto Classico Cosi-Stefanescu, una delle compagnie più rinomate d’Italia che, dal 1977, anno ufficiale della sua fondazione, educa, coltiva e promuove i talenti di molte giovani promesse della danza, avviandole alla carriera nelle più famose compagnie italiane e straniere. Un’ode alla Creazione, nata dalla sublime simbiosi tra lo stile classico e quello moderno, caratterizzata da un vero e proprio gusto per le scene, curate dall’artista Hristofenia Cazacu, che urla il proprio appassionato assenso alla vita come unica, forte e verace sorgente di altra vita.
Elena Toffoletto