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Macbeth, di William Shakespeare
07-12-2012: Con Giuseppe Battiston e Frederique Lolièè

Un salotto di una casa come tante con un divano foderato di verde, una lampada e una specie di porta a vetri. La curiosità aumenta sempre di più mentre il pubblico si accomoda silenziosamente per assistere al primo e forse più atteso spettacolo della stagione di prosa. Le luci si spengono. Oltre la porta si intravvedono alcune figure che danzano disordinate travolte dall’alcol, dal vino e da una musica assordante. Sembrano fantasmi. Macbeth (Giuseppe Battiston) e sua moglie, Lady Macbeth (Fredèrique Lolieè) entrano in scena e sprofondano entrambi sul divano con una risata sguaiata e insensata. Con loro c’è Banquo, generale fedele amico di Macbeth e suo alleato in molte battaglie nei ranghi dell’ esercito di Re Duncan di Scozia. Tre strane creature lo salutano con voci di bimbo portandogli un oscuro messaggio: “Ciao Macbeth! Tu sarai re. Nessun figlio nato da donna potrà sconfiggerti e regnerai fino a che il bosco di Birnam non si muoverà verso di te.” Poi, rivolte a Banquo, gli annunciano che anch’egli metterà al mondo dei re. Lentamente quelle parole si insinuano nell’animo di Macbeth, già signore della contea di Cawdor e la sete di dominio inizia ad ossessionarlo. A poco a poco, Lady Macbeth, con quel suo accento francese diabolico, suadente e tenero al tempo stesso, lo convince ad assassinare il re che alloggia presso di loro con le sue guardie, poiché essi potrebbero ostacolare la sua ascesa al potere. Macbeth indugia, temporeggia e infine, dopo un silenzio di pochi ma interminabili secondi carichi di tensione, risuona l’ultima e la definitiva decisione: “Facciamolo!” La coppia si stringe in un abbraccio come in un infantile gioco tra ragazzini. È l’inizio della fine. Con i due pugnali tra le mani, Macbeth prega la terra di non ascoltare i suoi passi, ma essi, come per un beffardo scherzo della sorte, rimbombano per tutta la sala mentre una luce intensa e sinistra lo guida oltre la porta a vetri verso quel destino ineluttabile causato solo dalla sua ambizione. Il delitto è ormai compiuto. La sua Lady di spalle, contempla quell’orribile scempio. Il suo tono e inespressivo, quasi monocorde “ Ormai ciò che è fatto è fatto, non si può più tornare indietro”. Le sue parole sembrano avere un tono profetico. La spirale del male, infatti, si è innestata. L’amico Banquo viene assassinato e Lady Macbeth, in preda ad un improvviso dolce e commovente delirio che pare quasi in pentimento, pone fine alla sua vita. Ora l’uomo regna indiscusso sulla Scozia, ma è ormai solo. Solo spettri di morte lo accompagnano. La notizia che il bosco di Birnam sta avanzando verso di lui per ristabilire quell’ordine che lui stesso ha sconvolto, non lo turba affatto, anzi, sembra quasi liberarlo da quella prigione di terrore ed egli prorompe in una amara risata, poiché la vita non è niente è solo quell’ora che l’attore idiota spreca sul palcoscenico. Una rivisitazione, in chiave contemporanea, quella proposta da Andrea de Rosa, attualissima e fedelissima al testo originale, in cui si sancisce il definitivo decesso della ragione, per dirla proprio con Shakespeare e si pone l’uomo di fronte ai suoi pensieri e desideri più cupi, profondi e inconfessabili, a quelle streghe che divengono voci interiori generate dalla mente e rimaste bambine nelle viscere dell’ inconscio di ciascuno di noi che, se ascoltate, possono tradursi nelle azioni più turpi e crudeli che l’essere umano possa compiere. Un Macbeth possente, robusto e massiccio, avvolto nel suo pastrano nero, totalmente incapace di governare le proprie passioni che, con la sua ottima presenza scenica, sembra volerle accogliere tutti dentro di sé. Al suo fianco una Lady Macbeth, ancora più decisa e determinata. Uno spettacolo molto complesso dal punto di vista drammaturgico e scenico dove l’efficace uso delle luci, dei fari stroboscopici e del suono, rende visibile e palpabile la tensione emotiva del vortice d’incubo e di sogno che pervade l’intero dramma. Una pièce in cui “la banalità del male”, come la definisce lo stesso Battiston in una sua recente intervista, viene scaraventata con tutta la sua tragica ed evidente potenza, addosso ad in pubblico attento, composto, pieno d’entusiasmo ed assolutamente coinvolto nello svolgersi della vicenda, così come può abbattersi quotidianamente nelle esistenze di uomini e di donne comuni affogati in una solitudine sterile e malata di individualismo narcisistico, come quella dei due protagonisti.

Elena Toffoletto

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