La rassegna “Musica giovane” si è conclusa venerdì 1 giugno alle ore 21.00 presso la Sala Consiliare del Palazzo Municipale di Portogruaro, con il Quartetto di sassofoni “Aliseo” composto da Roberto Favaro (sax soprano), Silvia Migotto (sax contralto), Ilario Morciano (sax tenore) e Samuele Falcomer (sax baritono). Ed ecco che mi ritrovo a camminare lungo le affollate strade di New Orleans mentre giunge alle mie orecchie l’Allegro nero composto da Fabrizio de Rossi Re nel 1986, un brano classico, come si può capire dalla prima parola del titolo (il termine Allegro, infatti, denomina un tipo di movimento che, nel repertorio classico, indica un ritmo vivace e veloce), ma ricco di contaminazioni jazzistiche, dal ritmo incalzante (come si intuisce dall’aggettivo nero). Scendo trafelata alcune scale immaginarie, apro una porta antica e contemplo ammirata la vista di alcuni giardini fioriti con la consapevolezza di non potermi avvicinare di più a quei mari d’erba. Questa è la suggestione che si è affacciata alla mia mente ascoltando Vue sur les jardins interdits (Vista su giardini vietati), brano composto da Henri Pousseur nel 1973 e caratterizzato da un’alternanza tra la pienezza delle note e i silenzi poiché l’autore, tenta, in punta dei piedi, l’ardua impresa di costruire, all’interno della composizione musicale, un collage unendo la musica classica con l’universo curioso e, per certi versi sconosciuto, della musica contemporanea. Non ci poteva essere nulla di più adatto per riposare le orecchie e la mente, del ritmo scherzoso delle brevi e giocose Six Bagatelles di Dexter Morril. Ad un tratto si spengono le luci e su una delle pareti della sala viene proiettato un cronometro che scandisce il tempo, mentre i sassofonisti si dispongono ai quattro lati della sala e gli spettatori si preparano all’ascolto di Four 5 del versatile ed eclettico compositore americano John Cage. Lo stile musicale proposto dall’autore è del tutto originale e mira a rompere il legame con la tradizione classica, in cui i brani composti dai diversi autori sono lo specchio delle loro emozioni, per dare invece libero spazio alla musica che si genera secondo la legge di natura “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La musica dunque, secondo Cage, nasce da sé, l’autore deve dare solo la nota di partenza per poi assecondare il divenire della realtà. Nelle partiture dei quattro sassofonisti, infatti, sono chiare soltanto le note da eseguire e la loro durata, ma nulla è definito dall’autore in merito all’intensità, e all’espressività dei suoni, proprio per sollevare la musica dai canoni precostituiti del mondo classico. Il concerto ha raggiunto il suo culmine con l’esibizione della recentissima Joott Two di Mario Pagotto, direttore della Fondazione Musicale Santa Cecilia originariamente pensata per un organico d’archi. La presenza degli strumenti a corda, a mio parere, si può ancora sentire nel vorticoso inseguimento di grappoli di note alternate a silenzi e note lunghe. Il concerto si è concluso con un bis di Christian Lubac, che ha rappresentato una vera e propria immersione nel blues e nel jazz americani.
Elena Toffoletto