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Annotazioni
Quando a scuola si andava scalzi
22-05-2012: Sprazzi di “razzismo” sociale fino ad oltre la metà del ‘900

E’ ancora tutta da scrivere la storia della stragrande maggioranza della comunità portogruarese, nella seconda parte dell’800 e fino a dopo il Ventennio Fascista, maggioranza considerata una sotto razza contadina che viveva in capanne di legno e di paglia nelle frazioni di Portogruaro, lungo il Lemene e altri corsi d’acqua, per la pesca, principiale risorsa di sostentamento e vicina agli ultimi scampi di terre comunali aperte all’utilizzo di tutti.
Fino ed oltre il ventennio fascista che ebbe ovviamente i sui squallidi pescecani,
rara e non determinante l’estrema minoranza di fascisti di buonsenso, i poveri, cioè i contadini, i mezzadri, i braccianti, i sottani, in una parola il “popolo basso”, era valutato dalla classe bene (patrizi prima e ricca borghesia dopo) una sotto razza decisa dal Padre Eterno destinata a obbedire ai “siors”, con i contadini condannati per destino sfortunato ma inevitabile a svolgere funzioni di produzione di cibo e di ricchezza per pochi.

DIABOLICO SOSTEGNO TEORICO
Sono personalmente testimone di questa realtà egemone sul “basso popolo”, realtà oligarchica ma attiva nel Rinascimento, poi rimasta solo oligarchica e straricca.
Mantenne il suo “status” felice e imperante sfruttando una eredità redditizia che anche nel passato seppe mantenere e raddoppiare (vedi le grandi opere sostanzialmente statali delle bonifiche). Del resto nella letteratura del tempo si trova una puntuale “giustificazione” filosofica di questo modo di giudicare i poveri, cioè i contadini-negri, una razza di serie “B “ che, per chissà quale decisione divina aveva come compito quello di provvedere al cibo, per la ricchezza, il rispetto, l’obbedienza dei “siors”.
Le frazioni di cui deve essere scritta la storia: San Nicolò, Villastorta, Portovecchio, Summaga, Pradipozzo, Lison, Mazzolada, Giussago, Gruaro e Lugugnana. Una iniziativa del 1847, del patrizio Gerolamo Venanzio, di un concorso di idee capaci di migliorare le condizioni dei poveri, fallì miseramente avendo raccolto soltanto dichiarazioni di impossibilità di cambiare la natura dei poveri, tali per nascita, per destino. Poveri per mestiere, per vizio, per abitudine inserita nel Dna. Niente poteva cambiarli, come dicevano gli americani dei negri. Poi tra i tanti emerse il negro Obama, “padrone” del mondo.

DIPLOMA DI POVERTA’
Stelle gialle per gli ebrei, targhetta “povero” per quelli, non tutti, che ottenevano da una commissione l’attestato di povertà, esenti da ozio e ubriachezza, per cui potevano elemosinare nella città di Portogruaro, a differenza di poveri di altri paesi, Concordia specialmente, che venivano cacciati dalla Cernide, che poi sarebbero i vigili urbani, oggi chiamanti agenti di Polizia locale; ma non è cambiato nulla: vigili sono, con l’aggiunta di urbani. Certo esisteva il paternalismo in alcuni padroni, ma non certamente lo studio delle condizioni che avevano dato vita a questa società di serie “B”, del resto utilissima per la continuazione di una sempre più distante condizione di vita tra pochi (ricchi, colti, potenti, decisionali, proprietari di tutti i mezzi di produzione) e la massa informe dei “sottani”; lo capite bene: quelli che stanno sotto.

POVERTA’ COME STATO DOVUTO
Nel libro “Le classi sociali e il Risorgimento a Portogruaro” di Imelde Rosa Pellegrini, troviamo dimostrate queste concezioni radicate nell’opinione pubblica che contava; certo paternalismo non andava al di là di aiuti occasionali che neanche sfioravano il problema vero di conoscere le cause che avevano provocato questo terrificante decadimento. Frutto non certo di una scelta “divina” ma della ingiustizia di pochi.
Tralascio una parte della mostra dove per la prima volta – credo – a Portogruaro si parla delle iniziative fasciste che ai “frequentanti ” delle scuole imposero dal ‘23 al ’45 del secolo scorso un testo unico per le cinque sezioni elementari, dalla Sicilia alle Alpi, uno strumento che più che all’insegnamento puntava all’indottrinamento fascista dello Stato, con i simboli sempre ricorrenti del duce, del fascio, del balilla e dell’impero: “Credere, obbedire, combattere”. Poveri bambini!
Siamo interessati alla constatazione dimostrata di uno strisciante razzismo sociale che trova puntualmente riscontro nella realtà di quel periodo. Io – figlio di un mezzadro – ne fui testimone diretto e indiretto, vittima degli ultimi sprazzi di un’epoca che non conosceva cittadini ma sudditi.

LE SQUALLIDE SCUOLE RURALI DELLE FRAZIONI
Nelle nove scuole rurali del circondario veniva garantita solo l’istruzione obbligatoria di grado inferiore: I- II- III classe. La media per ogni insegnante delle rurali era di 70 alunni: a Pradipozzo invece la media fu anche di 79 iscritti per classe e a Giussago (un vero e proprio record di riconoscimento Guinnes) si arrivò anche a 88 scolari per classe.
In totale, nelle rurali, 1683 iscritti in media potevano essere seguiti soltanto da 24 insegnanti; media di 70 alunni per classe: una bolgia simile a una famigerata scuola privata inglese frequentata da David Copperfield il protagonista di un famoso romanzo di Charles Dickens, nell’Inghilterra a metà Ottocento.

MAESTRE E MAESTRI: EROICI
Oltre a gestire un problematico insegnamento (pluriclassi miste, con bambini e ripetenti), erano attenti alle condizioni sanitarie, sociali, famigliari, psicologiche degli scolari, spesso a scuola febbricitanti, a volte finanziando in proprio cibo e carburante per una stufa non sempre accesa. Legna da ardere anche dai bambini. Scolari con legna da ardere in cartella: fui testimone dello stesso fenomeno a Lugugnana come insegnante, ancora negli anni ’70. Frequentanti: figli di contadini, mezzadri, braccianti, manovali, salariati. I lavoratori delle ultime categorie in certe stagioni non erano né utilizzati né tanto meno pagati. Presente anche qualche figlio di artigiani con un’accentuazione verso il basso nella realtà scolastica di Mazzolada, dove l’accattonaggio e il furto campestre rientravano trai mezzi di sussistenza della famiglia.

SITUAZIONE SANITARIA

Presenti malattie endemiche come la malaria, la tubercolosi, la difterite, il tifo la pellagra. La mancanza di cibo adeguato spesso era concausa di queste situazioni sanitarie.
Talvolta i bambini venivano tenuti a casa perché non avevano vestiti sufficienti e spesso mancavano anche degli zoccoli. Venivano mandati a casa fintanto che il Patronato non provvedeva a fornirli.
Tanta miseria, fame, malattie, accattonaggio, papà in galera per i ricorrenti furti nei campi per cui – come in Sicilia – la categoria dei campieri era numerosa. Ma il Fascio esigeva, pena l’immediato allontanamento dalla scuola, che la famiglia pagasse in contanti pagella, sussidiario e tessera O.N.B (opera nazionale balilla).

SEDI SCOLASTICHE
Fabbriche e alloggi di fortuna in case private, baracche, granai, sale parrocchiali, vecchie latterie in disuso, cantine abbandonate. Ancora negli anni ’60 (ero assessore alla cultura e alla scuola) ebbi l’opportunità di vedere a Lugugnana la sede della vecchia scuola, per fortuna abbandonata; una dinoccolata baracca di legno, da lager, coperta da lastre di dubbia composizione. I servizi, probabilmente all’esterno, erano scomparsi: distrutti dal vento e dalla pioggia. Analfabetismo imperante. A Portovecchio, nella stessa epoca con l’arch. Mario De Gotzen, direttore dell’ufficio urbanistico, in cerca di un locale per impiantarvi una scuola materna, ci imbattemmo nella vecchia sede della scuola, una caverna mezza interrata, con fondo sterrato, capace di ospitare 70-80 alunni, meno quattro gradi d’inverno quando mancava la legna da ardere. Aveva funzionato come sede scolastica per alcuni decenni. Era stata sostituita.

Termino con questa testimonianza raccolta a Mazzolada, cronaca, classe I, 1931/32 dalla maestra Maria Boschin in Trevisan, testimonianza di una esperienza vissuta come una sub condizione sociale drammatica dall’insegnante Maria Tesini: “Mi viene affidata questa prima classe composta da 90 (novanta) iscritti (dei quali 51 ripetenti). Ero costretta a tenerli 3 per banco e qualcuno rimaneva seduto a terra… e come lavagna utilizzavo la porta dell’aula”.

E’ esagerato parlare di pesanti tracce di razzismo sociale?

Ugo Padovese



N.B. Alcuni elementi di questa descrizione sono stati desunti dalla mostra de “Il libro scolastico”, curata da Patrizio Manoni e Vittoria Pizzolitto, nella Sala delle Colonne del Municipio di Portogruaro dal 25 aprile al 12 maggio 2012, e dal libro “Classi sociali e Risorgimento a Portogruaro”, di Imelde Rosa Pellegrini: autori che ringrazio sentitamente.

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