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Annotazioni
Venturin attraverso il calcio racconta la storia della sua città
16-02-2012

Il calcio, giocato a qualsiasi livello, è una fabbrica con un motore capace di una fantastica creatività, che sembra non avere mai fine. Ne è testimone lo scrittore Antonio Venturin che nel suo ultimo volume, racconta il sessantesimo anniversario del Calcio Fossaltese in maniera sempre nuova e senza stilemi burocratici e codificati dalle cronache diaristiche dei quotidiani sportivi del lunedì. Lasciando il molto per il dopo, a pagina 10 nelle righe in fondo, accenna a un fatto, di quelli appunto che il calcio riesce ancora a creare: nuovi, diversi, capaci di ricordare non solo una partita, ma un intero campionato, lasciando strascichi da raccontare in osteria, tanti anni dopo: ridendo, sorridendo o magari masticando amaro l’antico astio che ormai affoga affievolito nell’ultimo bicchiere di vino in compagnia.

E’ successo allo stadio Comunale Bottecchia di Pordenone, al termine del Campionato 1951-52 della Seconda Divisione del Friuli Venezia Giulia. Non avevo ancora 18 anni e militavo come mediano (n. 4) granitica linea “gotica” a metà campo, di contenimento degli avversari. Giocavo con la mitica Sfai dei Marzotto del grande Gaetano (quello del liberismo etico) che a Villanova aveva addirittura fatto approntare un campo di calcio regolare, con spogliatoi, docce, gradinate per il pubblico. Presidente il comm. Leo Corponi, che per il calcio stravedeva e che a fine campionato ci offriva un succulento pranzo in un famoso ristorante del posto, ritenuto ricompensa più che bastevole.
Tribune del Bottecchia, affollate come non mai di tifosi di Fossalta e di Villanova, in numero ben maggiore di quando giocava in casa il Pordenone. Era una partita importante: di spareggio tra la Sguerzi di Fossalta e la Sfai appunto di Villanova. Dopo 28 incontri Sfai e Sguerzi occupavano entrambe il primo posto in classifica con 41 punti. Inevitabile lo spareggio. Per vincere il campionato e salire di categoria. Il massimo. Un’occasione per innalzare alle stelle il tifo tra supporter delle due squadre che, con la Julia costituirono per molti anni il meglio del calcio dilettantistico della zona.
I tifosi di Sguerzi e Sfai arrivarono a Pordenone in anticipo, per non perdere neppure un istante di quell’emozione che il calcio riesce a dare e che soltanto chi la prova riesce a capire. Fischio di inizio ed urlo di liberazione della folla delle due fazioni frammischiate nelle gradinate. E’ una partita dura, altissima la posta in palio: vittoria del campionato e promozione in prima divisione. Senza contare la possibilità di prendere in giro all’infinito gli avversari, che quasi mai però venivano alle mani. Qualche sberla, qualche spinta, a volte un pugno senza conseguenze, per poi ritornare amici.
Il primo tempo finisce 0-0. Nella ripresa tutti si battono allo spasimo; vola anche qualche calcio più o meno involontario; chi riceve non fa una grinza, solo si ritiene obbligato a ricambiare la cortesia, magari con gli interessi. Mancano pochi minuti alla fine e poi arriverà la squallida monetina per una vittoria molto importante, ma solo casuale. Invece il calcio ingrana il motore della fantasia: dagli spalti il sibilo di un fischietto viene male interpretato in area da un terzino della Sguerzi, Odorino Colavitto per la storia, che prende in mano il pallone. Rigore. La Sfai vince 1-0.Banale? Assolutamente no: storia di una passione, impasto di emozioni, speranze, delusioni, gioia inattesa, fine di un “incubo”, evento da ricordare a lungo per ridere o soffrire.

Ma Antonio Venturin parla di moltissimo altro, convinto che il calcio della sua Fossalta possa essere coniugato con la storia sociale del paese. Bellissima la scenografia patinata, illustrata e ricchissima di foto di un libro, che racconta le vicende del calcio, ma specialmente quelle dei suoi protagonisti, giocatori, dirigenti, tifosi, guardialinee. E Venturin, che ha il gusto e la capacità di riscrivere situazioni, tradizioni, vicende piccole e grandi che formano la spina dorsale di una comunità, riesce a dare al suo libro la nobiltà di un racconto che, con la scusa del calcio, narra di persone da ricordare, di personaggi che hanno fatto il paese, della gente di ogni giorno che finisce per essere la vera, anche se apparentemente umile, protagonista della storia.

Ecco un esempio: “Com’era Fossalta nel 1951? Un paese vivace: i contadini si ammassavano di primo mattino con le “vase” del latte davanti al Bar Trieste per bere il bicchierino di grappa, le pie donne al suono della campana, presi velo e libro delle preghiere, correvano a messa prima, i piccoli proprietari terrieri partivano con il “saraban” fuori paese per svolgere i lavori nei campi, i ragazzini si divertivano con le biglie di terracotta acquistate dalla Udia. Al bar centrale si giocava a carte; sui tavoli ricoperti dalla tela verde anche il dottor Repele, il medico condotto…. Le corriere fermavano davanti al forno di Gigion. Bastava dare una sbirciatina e vedevi la testa china del panettiere che stava estraendo il pane appena cotto. Un profumo fragrante ti accompagnava sino all’edicola di Bornacin, dove diversi giornali erano esposti all’esterno con i ciapini…”.

Nomi e foto: in occasione del libro di Venturin don Domenico Sigalotti benedice la lapide che ricorda Felice e Roberto Pessa ai quali è intestato il nuovo campo sportivo; Luciano Sandron, mio collega cronista, presenta il lavoro di Venturin. Si commuove e aggiunge una valanga di notizie, materia per un secondo libro. Tra le foto: quella di Livio Leonardelli fondatore della squadra, già sindaco e mio amico; sindaci neo ed ex: Paolo Anastasia e Paolo Carlesso; Ciro Astarita presidente della Fossaltese, Costini di Annone Veneto, un ras del calcio che conta; Nadalutti ammirato giocatore granata, Sergio Dainese che ricordo verniciato di terra rossa del vecchio campo della Romatina in Borgo Sant’Agnese; Bruno Davi mediano e “Tabarut” portiere con me alla Sfai, Ferruccio Passin allenatore: “pestare, l’avversario non deve passare”; Leandro Costa che lascia il calcio e preferisce scrivere nel periodico “Il Bacaro”, Andrea Battiston il più vincente nel calcio fossaltese e inimitato direttore bibliotecario. Un posto speciale per Gian Roberto Gobbesso, un abile e apprezzato ritrattista, finalmente all’altezza della penna di Venturin.

Chissà quanti personaggi ho dimenticato. Non l’ho fatto apposta. Grazie al calcio vero di una volta, divertente e spontaneamente educativo, ho imparato a non dire bugie. Almeno lo spero.

Ugo Padovese


(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)

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