Nel 1940, primo anno della seconda guerra mondiale per l’Italia, frequentavo la classe seconda elementare. La cartella ospitava agevolmente gli esigui strumenti scolastici di quel tempo: il sillabario, un quaderno a righe e uno a quadri, una matita e un cannotto di legno con un pennino sulla punta. Infisso sul banco un contenitore di inchiostro che diventava una “polentina” inservibile quando il furbetto di turno lo riempiva di carta assorbente.
C’erano due plessi scolastici intitolati a Ippolito Nievo: quello di via Martiri accanto al cinema “Pellico”, oggi teatro “Russolo”, per i maschi; l’altro verso porta San Gottardo, per le femmine. La distinzione dei sessi era di rigore. La mia aula si trovava a pianterreno: la prima entrando, a destra. Io ero seduto nel terzo banco; accanto avevo il mio amico Mario Nadali. Era figlio del gestore di un noto locale “Trattoria da Valentino”, in via Cavour, nei pressi di porta San Agnese.
Il locale era specializzato nel preparare succulenti piatti di selvaggina. Allora, per i più fortunati, la caccia in Valle o in “Canaon” di Brussa era come il calcio oggi. Sicuramente più pulito anche se qualche volta, ma per sbaglio, ci scappava il morto.
Mario oltre che buono era anche generoso e quando “schincavo” il pennino (le due punte metalliche si aprivano) era pronto a darmene un altro, nuovissimo, uno dei molti che portava in una scatoletta dentro la cartella. A scuola andava bene, ma era contento quando lo aiutavo un poco. Poi dal ’43, tutti a casa; i due plessi diventarono oggetto di devastazione, furto di banchi e sedie. Ma danni simili anche alla vicina Scuola Dario Bertolini, l’unica pubblica e pensata per i proletari; una ricca biblioteca, molto fornita a quei tempi anche di libri di qualità, fu depredata e devastata.
Molto tempo dopo, verso gli anni ’80, accompagnai Carnera a pranzo alla trattoria da Nadali. Carnera era venuto a visitare la sede di LT2 Radio Portogruaro in Piazza Duomo e ci aveva concesso un’intervista, con una voce cavernosa, che si trasformava in una grassa risata, quando il malcapitato di turno urlava stringendogli la mano.
Qualche volta incontro Mario Nadali, davanti al forno di Tullio Pane, che per dessert era solito far fuori due chili di gelato. Il forno a legna era vicino a un antico torrione, di quelli che di tratto in tratto punteggiavano le mura per meglio difenderle; il torrione era rimasto in buono stato di conservazione, ma solo. “Ugo ti ricordi i pennini?” mi grida per salutarmi, se mi vede. “Grazie si; mi piacevano tanto”. Ora uso le biro. Sono diventate quasi una mania; ne ho tante e alcune anche di marca. Le acquisto nell’unico negozio (di cancelleria) del Borgo di San Francesco: lo gestisce, con tutti i componenti della famiglia, il mio amico Drigo, detto Soncin. Nel suo negozio, penne biro di ogni tipo e una quantità enorme di articoli di cancelleria e di testi scolastici. La vecchia cartella non sarebbe bastata più: anche in prima elementare oggi ti impongono il libro di storia, che salta quello che non piace al potente del momento. Belle comunque le penne biro che però finiscono per intristire e svaporare tutto il liquido in qualche cassetto. Ma era più bello scrivere con il cannotto di legno e con i pennini nuovi lucenti di Mario Nadali.
Ugo Padovese
(immagini di Fotoreporter - Portogruaro)